Incendio a Notre Dame

Il vero nemico è la sciatteria dell'uomo verso la storia

Il vero nemico è la sciatteria dell'uomo verso la storia

Appena sugli schermi sono apparse le immagini della cattedrale in fiamme, il pensiero di moltissimi - me compreso - è stato che doveva trattarsi di un attentato. Un vile, odioso attentato di qualche fanatico terrorista islamico. Il crollo della guglia di Notre-Dame ha richiamato immediatamente quello delle Torri Gemelle, neanche 18 anni fa, nello stesso inferno di fuoco, fumo e dolore. Se allora si era voluto colpire il cuore del capitalismo occidentale, un simbolo della potenza americana, stavolta il nemico aveva voluto abbattere uno dei più potenti e antichi simboli religiosi del cristianesimo, dell'Europa e della Francia, un luogo sacro anche ai non credenti, per tutta la storia che vi è passata.

Dispiace averlo pensato, e maggiormente scriverlo, ma l'ipotesi dell'attentato finiva per essere consolante. Ci sarebbe stato un avversario crudele e spietato da cercare e punire, un colpevole da accusare e combattere, una giustificazione alla tragedia inattesa di un'intera cultura.

Si aspettava minuto dopo minuto una rivendicazione orgogliosa degli attentatori. I telegiornali segnalavano, circolati di rosso, i messaggi esultanti di esaltati musulmani, in arabo, inglese, francese. Ma, minuto dopo minuto, l'evidenza era sempre più desolante. Nessuna bomba, nessuna rivendicazione, nessun ricercato in fuga. Un incidente, invece, uno stupido incidente, di quelli che capitano spesso nelle case di campagna o nei fatiscenti palazzi delle periferie. Un banale corto circuito, una scintilla elettrica impazzita, ha semidistrutto quasi nove secoli di storia.

E allora il colpevole è la fragilità delle nostre orgogliose sicurezze scientifiche e tecnologiche o, peggio ancora, la sciatteria nei confronti di beni artistici e architettonici di inestimabile valore. Nessun nemico, perché il nemico siamo noi, con la nostra impotenza a proteggere davvero tutto ciò che di bello e di buono ci hanno lasciato decine di generazioni passate. Nessuna consolazione, se non quella che per qualche giorno ci sentiremo tutti francesi, tutti europei, tutti amanti appassionati dell'arte e della storia. Almeno, così dovrebbe essere. Infatti, incredibilmente, sui social si sono lette anche assurde dichiarazioni di contentezza, scritte da chi pensa di stare allo stadio e non davanti a un'immensa creazione del genere umano, decidendo quindi di dare fiato a un becero sentimento antifrancese. Se lo dimenticheranno domani, ma durerà poco anche lo sgomento di chi ragiona. Perché così è nella natura delle cose e lo è più che mai oggi, mentre nel ricco Occidente il senso comune di appartenenza a una civiltà duramente conquistata sembra smarrirsi tragicamente.

Vengono stracitati, da ieri, i versi del poeta turco Nazim Hikmet «andando poi a Notre-Dame / contempleremmo il suo rosone / e a un tratto serrandoti a me / di gioia paura stupore / piangeresti silenziosamente / e le stelle piangerebbero / mischiate alla pioggia fine», e in noi corre il ricordo di una passeggiata sul lungosenna Voltaire, la prima visione della cattedrale solenne. Un pensiero romantico e consolatorio, che stride con quello del poeta guerriero Gabriele d'Annunzio, scritto nel 1913: «E io veggo entrare nel Duomo di Nostra Donna l'imagine della Francia male armata ma intrepida». (Leda senza cigno). Male armati siamo tutti, contro le avversità, il caso e l'insipienza umana. Intrepidi?

@GBGuerri

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