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Il vero scontro Conte-Grillo: un tesoro conteso di 6 milioni

L'ex premier vuole gestire da solo i soldi "restituiti" dal 2018, il garante vuole affidarli a un comitato di saggi

Il vero scontro Conte-Grillo: un tesoro conteso di 6 milioni

Tra Beppe Grillo e Giuseppe Conte spuntano sei milioni (di euro) di buone ragioni per litigare. A chi andrà il tesoretto accantonato, da inizio legislatura con le restituzioni dei parlamentari, sul conto corrente intestato ai capigruppo di Senato e Camera, Ettore Licheri e Davide Crippa, e al reggente Vito Crimi? Sui soldi - al netto del doppio mandato, valori da inserire nella Carta e poteri di capo politico e garante - si gioca la partita vera nel Movimento. Il punto di rottura sono i «piccioli». Chi si papperà la ciccia? L'ultimo saldo, datato 1 febbraio 2021, del conto corrente attivato alla filiale di Milano dell'istituto Banca Profilo - come dimostra una carta in possesso del Giornale - registra un attivo da capogiro: 6.548.030,66 euro. Cifre blu che aprirebbero una guerra in tutte le famiglie.

Per fare un'ipotesi sulla possibile destinazione dei soldi bisogna fare due passi indietro. Il primo nel 2018. All'indomani delle elezioni politiche è stato istituito un comitato per le rendicontazioni, di cui facevano parte l'allora capo politico Luigi Di Maio e gli allora capigruppo dei Cinque stelle: una struttura chiamata a gestire i fondi raccolti con le restituzioni degli stipendi dei parlamentari grillini. Il regolamento iniziale prevedeva che al termine della legislatura i soldi non spesi finissero nelle casse dell'associazione Rousseau. Il secondo passo indietro nel gennaio 2020: una modifica del regolamento stabilisce che i residui dei fondi diretti al Comitato per le rendicontazioni e rimborsi del M5s vadano al fondo per la microimprenditorialità.

La novità è l'idea di Conte: i 6 milioni di euro devono finire nelle casse del nuovo Movimento da lui guidato. Una proposta che ha aperto il primo duro scontro con Beppe Grillo e una parte dei veterani dei Cinque stelle. L'ex presidente del Consiglio avrebbe voluto pianificare la campagna politica della sua leadership con i fondi raccolti grazie alle rinunce dei parlamentari? La posizione di Grillo sarebbe un'altra: il tesoretto, se non va al microcredito, deve restare sotto il controllo del garante e di un comitato autonomo e indipendente rispetto al capo politico. Il comitato dei sette, nominato da Grillo per trovare un punto di mediazione sulle modifiche allo Statuto avanzate da Conte, dovrà sciogliere il nodo relativo ai soldi. Stabilire a chi andrà l'eredità del vecchio M5s. Per il ministro dell'Agricoltura Stefano Patuanelli, tra i componenti del comitato dei sette, «i tempi per la definizione del contenzioso sono lunghi». L'incasso del tesoretto sarebbe uno dei punti non negoziabili posti da Conte: l'ex premier ritiene che senza fondi il progetto di nuovo Movimento non abbia futuro. Dal canto suo, Grillo non vuole cedere le chiavi della cassaforte nelle mani dell'avvocato di Volturara Appula. Ma dove va Conte senza soldi? Ugo Magri sull'Huffpost stronca sul nascere la strada di un partito personale di Conte: «Per mettere su un partito occorre sgobbare. Ascoltare la gente. Approfondire i problemi. Dirimere liti. Scovare i candidati. Tenere comizi, presenziare convegni», scrive il giornalista. Tutte attività che al momento appaiono poco congeniali all'ex inquilino di Palazzo Chigi.

Ecco che allora Conte ha due strade: accettare il compromesso con Grillo, Di Maio e gli altri big del Movimento o ritornare all'Università. Grillo, in caso di fallimento della mediazione, avrebbe già pronto il piano B: un triunvirato (Di Maio-Fico-Raggi) per la guida del Movimento.

Tutte opzioni che portano al ridimensionamento dell'avvocato del popolo.

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