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Il veto sui nomi? Va sempre motivato

Da Previti a Gratteri, se il Quirinale impone a chi non dare un dicastero

Il veto sui nomi? Va sempre motivato

Roma - Mai, come in questa travagliata fase di avvio della Terza repubblica, il Colle è stato così al centro degli equilibri dello Stato. A Mattarella spetta la nomina dei ministri che andranno a comporre il governo. Mancano ancora i tasselli più importanti: Economia, Interni, Lavoro. La questione, però, in questo esecutivo gialloverde, è quanto del colore politico possa dipendere dalle ingerenze di Mattarella. L'architettura costituzionale disciplina il potere di nomina (articolo 92) e il voto di fiducia (articolo 94).

Secondo il primo, la nomina dei ministri è prerogativa del Capo dello Stato «su proposta del Presidente del Consiglio» mentre in base all'articolo 94 il presidente del Consiglio si assume la responsabilità del governo di fronte alle Camere, che gli votano la fiducia. Ma il problema della fiducia si pone soltanto dopo che i ministri sono stati nominati e quindi il Consiglio dei ministri costituito.

In effetti, la Costituzione inquadra il capo dello Stato in una «fisarmonica»: i suoi poteri si allargano e si riducono a seconda delle esigenze. Ma proprio in virtù di questa prassi, quello della nomina dei ministri da parte del capo dello Stato non è solo un atto formale perché, ove sussistano valide ragioni, il Quirinale potrebbe rifiutare di dare il proprio beneplacito.

In questo senso andrebbe letta la preoccupazione del Colle e la contrarietà in merito alla proposta leghista di Paolo Savona come ministro dell'Economia. Se è vero che Mattarella è estraneo al rapporto di fiducia Camere-Governo, con la motivazione di evitare elementi di euroscetticismo all'interno del nuovo esecutivo, potrebbe comunque intervenire sulla nomina di Savona. E anche rifiutarla.

Non sarebbe il primo caso. Si pensi a Cesare Previti, avvocato di Silvio Berlusconi, la cui nomina come ministro di Grazia e Giustizia fu rifiutata nel 1994 dall'allora presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro. Passando per Maroni, al quale per il ruolo di Guardasigilli fu preferito un altro leghista (Roberto Castelli), mentre era in carica Carlo Azeglio Ciampi. Venendo a tempi più recenti, nel 2014, Giorgio Napolitano sconsigliò a Matteo Renzi la nomina del procuratore di Reggio Calabria Nicola Gratteri, in base alla regola non scritta secondo cui un magistrato in servizio non può essere incaricato alla Giustizia.

Insomma, Mattarella potrebbe fare ricorso alle proprie facoltà di moral suasion, di dissuasione e di suggerimento, oppure accettare la lista dei ministri che gli verrà proposta dal presidente del Consiglio incaricato Giuseppe Conte.

Se Mattarella insistesse a non nominare le persone proposte, a Conte non resterebbe che rinunciare all'incarico con una motivazione quanto mai logica: impossibile guidare un esecutivo sulla cui formazione ha avuto poca o nulla voce in capitolo.

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