Via libera a Montecitorio: la tortura è reato

Con 198 voti favorevoli, 35 voti contrari e 104 astenuti l’Aula della Camera ha approvato in via definitiva il provvedimento che introduce il reato di tortura

Via libera a Montecitorio: la tortura è reato

Con 198 voti favorevoli, 35 voti contrari e 104 astenuti l’Aula della Camera ha approvato in via definitiva il provvedimento che introduce il reato di tortura nell’ordinamento italiano. Hanno votato a favore Pd e Ap, mentre molte forze si sono astenute, tra cui M5S, Sinistra italiana e Mdp. Nel pomeriggio il Movimento 5 Stelle aveva annunciato la sua astensione con le parole del grillino Vittorio Ferraresi: "M5S si astiene cercherà di migliorare le norme non appena possibile. Tutti i cittadini devono essere uguali davanti alla legge, anche i poliziotti. Chi si macchia di questi reati infanga la divisa, lo Stato e tutti noi e deve essere punito e allontanato per rispetto anche delle vittime". Ma i 5 Stelle rifiutano la divisione che "è stata fatta e la rigettiamo con forza tra chi sta con le vittime e chi invece con le forze dell’ordine. Sono stati introdotti una serie di paletti che rendono difficile se non impossibile dimostrare il reato di tortura, con un serio rischio di impunità", ha messo in guardia il pentastellato.

Con il via libera definitivo da parte della Camera, da oggi anche in Italia sarà punito il reato di tortura. Le pene previste sono pesanti: la reclusione da 4 a 10 anni chiunque, che salgono fino a un massimo di 12 se a commettere il reato è un pubblico ufficiale o un incaricato di pubblico servizio, con abuso dei poteri o in violazione dei suoi doveri. Ci sono voluti quattro anni perchè il Parlamento approvasse la legge che introduce il reato di tortura nel nostro ordinamento. Quattro anni di stop and go, di divisioni tra le forze politiche e di tentativi di insabbiamento.

L’iter del provvedimento, frutto della sintesi di 11 diverse proposte di legge, è stato particolarmente complicato: iniziato al Senato esattamente il 22 luglio del 2013, per poi essere licenziato un anno dopo, è approdato alla Camera nel 2015 per poi tornare nuovamente all’esame di palazzo Madama e, infine, essere licenziato da Montecitorio.

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