Non sapevano ancora tutto, ma avevano già visto abbastanza. Quando, giorni fa, gli inquirenti hanno cambiato capo d'imputazione per Massimo Sebastiani, trasformandolo da sequestro ad omicidio, il destino di Elisa era già segnato. Ci sono le telecamere della ditta dove Sebastiani lavorava come tornitore, ad inquadrare la fine di una vita e l'inizio di un incubo. L'angolatura è sghemba, ma quel 25 agosto nel primo pomeriggio, Elisa e Massimo entrano insieme nel piccolo capanno che lì accanto avevano costruito per tenerci galline ed attrezzi. Un antipasto di futuro e di una nuova attività tutta da sviluppare per lei; un altro tassello della costruzione di un «rapporto» per lui.
Pochi minuti e, a riapparire in piedi, a favore di inquadratura, è solo lui che tiene in braccio lei. Tutto quello che aveva e ora non avrà più. Da spasimante respinto ad orco, la sua fuga è rozza, fra alibi precari e incauti nascondigli. Elisa è già nel bosco: non l'ha nemmeno sepolta ai piedi di quel dirupo dove, chissà come, ha trascinato i suoi pochi 45 chili e i suoi pochissimi 28 anni. L'ha messa lì sul greto di un fiume senz'acqua. L'autopsia, oggi, chiarirà meglio, ma agli inquirenti Sebastiani ha confessato che nei primi momenti avrebbe vagato intorno a quel tumulo improvvisato, vegliando pure il cadavere e riparando al massimo in qualche cascina, come un Igor nostrano, altrettanto violento, ma meno lucido. Questo emergerebbe dalle sue prime ammissioni, inframezzate da un refrain da «rambo di provincia»: «Se avessi trovato un'arma, mi sarei ucciso». Sebastiani, però, trova solo la strada di tornare un po' più a valle, da Silvio Perazzi. Da quell'amico, mancato suocero, si era già fermato per un bicchiere con cui rinforzare animo e alibi, pochi minuti dopo l'omicidio. E con questo ex vigile del fuoco, ora panettiere e tutto fare, fermato due giorni fa per favoreggiamento, Sebastiani condivideva molto: l'amore per la campagna, un'amicizia proseguita anche dopo la fine della relazione con la figlia. Ora i due in comune hanno anche la logistica di una latitanza. Mentre il ruolo di Perazzi è tutto da chiarire, a parlare è stata la figlia: «In 10 anni di convivenza, Sebastiani non è mai stato violento». E così ecco, nei paesi di questo scampolo di val D'Arda gli amici di lui e le amiche di lei non smettono di ricordare. Hanno anche avviato una sottoscrizione per aiutare la famiglia nelle spese legali e continuano ad affidare ai social i loro pensieri. Tutti ribadiscono che Elisa aveva subito detto a Massimo: patti chiari, amicizia lunga, niente amore. Gli amici di lui ricordano che da tre anni i due erano sempre insieme. Negli ultimi tempi, forse, Massimo stava anche sostenendo Elisa economicamente in quel piccolo orizzonte di futuro che quel pollaio doveva rappresentare.
Elisa aveva scritto poco prima di morire alle sorelle: «Vi porto le nostre uova». Sono ancora lì, nel pollaio, dove le ha lasciate Sebastiani, che per Elisa era pronto a tutto. Purtroppo anche ad ucciderla, ma non ad amarla.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.