Bruxelles sotto attacco

Da Vilvoorde alla Siria: nella fabbrica dei "martiri"

Viaggio nel sobborgo di Bruxelles con la più alta percentuale di radicalizzati d'Europa. I jihadisti esibiscono le bandiere nere e la polizia non si fa vedere

Da Vilvoorde alla Siria: nella fabbrica dei "martiri"

«L' ultimo ragazzo l'hanno reclutato proprio nella piazzetta, quella che vedi a duecento metri da noi. Meno di un mese fa è partito per la Siria», conferma Fouad, tunica bianca, barbone e capelli rasati. La piazza in cemento, dove si aggirano spacciatori, facce da tagliagole e tranquille famiglie è quella della stazione metro Etangs Noir a Molenbeek, il comune di Bruxelles fucina jihadista. A poche centinaia di metri hanno arrestato Salah Abdeslam, il super-ricercato coinvolto negli attentati di Parigi e Bruxelles.

Dopo la preghiera in una moschea, Fouad ci racconta i segreti del reclutamento dei futuri terroristi a patto che non scriviamo il suo cognome. «Sono un salafita, ma ho sempre combattuto contro il lavaggio del cervello dei nostri giovani di questi falsi predicatori. - spiega l'omaccione -. Nonostante tutto quello che è successo continuano a reclutare per la Siria ed i loro filmati di propaganda sono sempre su You Tube». Fouad si riferisce a Sharia 4 Belgium designata come organizzazione terroristica lo scorso febbraio. Fouad Belkacem, il portavoce, è stato condannato a 12 anni di carcere per reclutamento e propaganda jihadista. I video di Sharia 4 sono ancora in rete con il seguente titolo: «Welcome to Belgistan». La banda jihadista, il 15 agosto 2012, sventola impunemente la bandiera nera dei tagliagole dello Stato islamico a Bruxelles vicino al monumento Atomium nel parco Heysel.

«Non sono spariti. I loro accoliti reclutano ancora per Daesh e il governo ha sempre lasciato fare - denuncia Fouad -. Non nelle moschee ufficiali, ma nelle piazzette come questa (di Etangs Noir, ndr) e ti ammaliano dicendo che in Siria potranno diventare degli eroi. Per invogliare i giovani, che magari spacciano o fanno furterelli li sganciano cento euro. E poi l'indottrinamento continua con i video su internet. Una volta carichi sono pronti a partire per la Siria». Secondo il salafita, che sostiene di aver segnalato alla polizia le zone di reclutamento, «quando tornano dalla Siria li imbottiscono di droga per compiere gli attentati».

Il viaggio viene finanziato dal «pizzo» al contrario chiesto ai criminali soprattutto magrebini. «Una specie di tassa raccolta fuori dalle moschee per i viaggi dei volontari della guerra santa», spiega Edoardo Camilli, italiano che a Bruxelles ha fondato Horizon intelligence, società di consulenza sulla sicurezza. Faycal Cheffou, il giornalista del terrore arrestato per aver partecipato agli attacchi di Bruxelles, era il riscossore delle «offerte» dei criminali per gli aspiranti jihadisti.

Vilvoorde è un borgo fiammingo vicino all'aeroporto di Zaventem ancora chiuso per l'attacco kamikaze. Una delle città con il più alto numero pro capite di combattenti in Siria: 44 jihadisti, la metà di quelli partiti dall'Italia, ma su solo 38mila abitanti. «Il mio amico Mohammed era molto triste in questi giorni. Gli ho chiesto cosa succede e mi ha detto che i suoi due nipoti, poco più che ventenni, sono morti in Siria», rivela Mohammed Amin, un giovane di Vilvoorde. Quando chiamiamo lo zio dei «martiri» all'inizio è cordiale, ma poi capisce di cosa vogliamo parlare e butta giù il telefono.

«Gli estremisti sono venuti spesso a proporci di seguire il vero Islam in una madrassa di Bruxelles. È il primo passo verso la Siria», racconta Amin. In un filmato del 2013, il convertito Jean-Louis Denis, guida un manipolo jihadista nella moschea di Vilvoorde. All'inizio distribuiscono volantini invitando i fedeli a unirsi al gruppo, che come simbolo ha due scimitarre incrociate e la scritta Allah. «Vi proponiamo la sharia, non più la democrazia», pontifica il belga Denis. A un certo punto arriva l'imam ufficiale, Mimoun Aquichouh, che li caccia in strada. Nella baruffa il gruppetto jihadista tira fuori le bandiere nere e qualche musulmano di Vilvoorde si congratula coi facinorosi. La polizia non si fa vedere. Denis è stato condannato, il 29 gennaio, a 10 anni per aver mandato in Siria una dozzina di ragazzini. Le zone a rischio attorno al centro di Bruxelles sono tante. Non solo Molenbeek e Schaerbeek ma anche Anderlecht e la Gare du Midi. Nei pressi della stazione abitava Muriel Degauque, la prima donna belga kamikaze in Iraq nel 2003.

Le autorità hanno lasciato fare per anni nel nome di una politica suicida sfociata nella Pasqua insanguinata di Bruxelles. Nella piazzetta del reclutamento di Molenbeek arriva a tutta velocità una macchina della polizia. Gli agenti escono di scatto con giubbotti anti proiettile e mitra spianati, come se fossero in zona di guerra. E bloccano la strada per far passare un'ambulanza a sirene spiegate dell'ennesimo raid antiterrorismo. Camilli, l'analista di Bruxelles, non ha dubbi: «Solo nell'area della capitale hanno trovato 6-7 covi, alcuni dei quali con esplosivi. Penso che ce ne siano altri ancora da scoprire con collegamenti in Europa e la Siria. È il risultato di una sottovalutazione politica della minaccia, che ha portato a una sicurezza colabrodo».

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