Mondo

Vincono le "sardine" ma Hong Kong non cede

Vincono le "sardine" ma Hong Kong non cede

Un trionfo ancora più ampio del previsto, un'umiliazione ancora più cocente per Pechino. A spoglio ultimato, i candidati dell'opposizione democratica di Hong Kong hanno conquistato quasi il 90% dei seggi (396 su 452) in palio nelle elezioni distrettuali di domenica, che sei mesi di disordini e una dura repressione poliziesca con 5mila arresti e uno studente ammazzato avevano trasformato da consultazione locale di secondaria importanza in referendum di fatto sull'operato della governatrice filocinese Carrie Lam. La sempre più imbarazzata presidente del governo di Hong Kong il quale rimane fedele alla «madrepatria cinese», perché viene eletto con un sistema studiato in modo da impedire agli oppositori di conquistare la maggioranza si è dovuta umiliare ieri a pronunciare una frase che le era già stato sentito dire in altri momenti difficili: ascolterò con umiltà le richieste della cittadinanza. Nessuno crede ormai più che simili parole abbiano un significato concreto. La signora Lam non avrebbe il potere di concedere ai cittadini di Hong Kong la vera democrazia nemmeno se lo volesse (e non lo vuole: è lì per quello). Infatti, da Pechino si sono affrettati a ribadire che il futuro della ex colonia britannica è quello di continuare a essere parte integrante della Cina, «a prescindere da qualsiasi risultato elettorale».

I democratici esultano comunque, perché l'unica occasione disponibile per votare in modo trasparente è stata sfruttata per dimostrare da che parte sta la gente di Hong Kong. Ora è il momento di chiedersi cosa accadrà. Gli osservatori concordano: Xi Jinping non cederà su nulla, ed è anche estremamente improbabile che la signora Lam venga rimpiazzata. Sarebbe la conferma che i dimostranti hanno ottenuto qualcosa. È anche realistico attendersi che il movimento di protesta si ricompatterà, per ora su posizioni pacifiche, poi chissà. La piazza di Hong Kong attende la firma di Donald Trump sulla legge, votata dal Congresso Usa, che assicura sostegno alle sue aspirazioni democratiche.

Ma il presidente americano ha fatto capire che potrebbe anche non promulgarla: dei valori occidentali gli importa assai meno che della sua rielezione, che passa attraverso il successo dell'intesa commerciale con la Cina.

Commenti