Cronache

Violenta disabile che resta incinta: in manette un operatore sanitario

Ha approfittato della giovane in pieno periodo di lockdown

Violenta disabile che resta incinta: in manette un operatore sanitario

L'orco era nascosto dietro al volto rassicurante di uno degli operatori sanitari che avrebbe dovuto proteggerla.

Una ragazza disabile è stata violentata a Enna in pieno lockdown nella struttura sanitaria Irccs Oasi di Troina, in provincia di Enna, alla quale era affidata. Una storia terribile, venuta alla luce solamente quando ci si è resi conto che la giovane era incinta. Ieri la squadra mobile su disposizione dei pm Stefania Leonte e Orazio Longo, al termine di un lungo interrogatorio, ha arrestato L.A., 39 anni, nato a Enna con l'accusa di violenza sessuale aggravata dall'aver commesso il fatto ai danni di una donna disabile e nel momento in cui la stessa era affidata a lui.

La vicenda è partita dalla denuncia a settembre sporta dal legale della famiglia della vittima, che soffriva di gravissime patologie connesse a una rara malattia genetica ed era incinta. I genitori della ragazza hanno raccontato che da diverso tempo la figlia era ospite della struttura e che avevano saputo qualche giorno prima dal personale dell'Oasi che era in stato interessante. Considerando le condizioni di salute particolarmente gravi, non era possibile in alcun modo che fosse consenziente. Gli investigatori hanno capito subito di trovarsi di fronte a un caso di violenza sessuale e i primi accertamenti sanitari, effettuati nell'ospedale di Enna e nel Policlinico di Palermo, hanno consentito di stringere il cerchio attorno a un gruppo di persone, presenti in struttura al momento del periodo di concepimento. Ma la donna, nel momento in cui è stata accertata gravidanza, aveva superato la venticinquesima settimana di gestazione e non era possibile fare diversi accertamenti che avrebbero messo a rischio la sua vita e quella del feto. Gli agenti della mobile, guidati dal vicequestore aggiunto Antonino Ciavola, hanno così ascoltato i vertici e il personale della struttura. Tutti hanno raccontato di non essersi accorti che la paziente fosse incinta, ipotizzando che l'aumento di peso era legato al fatto che durante il lockdown ai degenti era stato permesso di mangiare di più o che i farmaci somministrati spesso causavano una irregolarità del ciclo. Però senza autorizzazione era vietato l'accesso e gli altri ospiti disabili non avrebbero potuto commettere il reato. Così la scientifica ha prelevato un campione salivare ai dipendenti, per tracciare il loro profilo genetico. L.A., che da due anni lavorava all'Oasi di Troina, sposato e padre di un figlio, è apparso subito agitato. Ha poi ammesso che a fine marzo aveva chiesto alla direzione sanitaria di poter lavorare, per aiutare i colleghi in difficoltà, visto che la climnica era stata dichiarata zona rossa per il Covid. Ed era stato autorizzato i primi di aprile, proprio nel periodo in cui la vittima era rimasta incinta. La polizia ha così scoperto che, approfittando dell'assenza temporanea dell'infermiere professionale, incurante della positività al Coronavirus aveva abusato di lei, togliendosi tra l'altro tuta e mascherina. «Sono già in corso provvedimenti disciplinari - si legge in una nota dall'Oasi - mentre esprimiamo piena fiducia ai tanti operatori, che da sempre hanno svolto con professionalità, competenza e umanità il loro lavoro.

In 65 anni di vita è la prima volta che ci troviamo di fronte ad un evento simile».

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