Luigi Guelpa
Mohamed Lahouaiej Bouhlel era ossessionato da un video, quello in cui l'Isis brucia vivo Muad Kasasbeah, il pilota dell'aviazione giordana al centro (nel gennaio 2015) di uno scambio mai avvenuto di prigionieri. Secondo gli inquirenti avrebbe visto il filmato almeno una quarantina di volte negli ultimi due mesi. Lo stesso periodo in cui si sarebbe sottoposto a un corso accelerato di jihadismo. Lo rivela il procuratore di Parigi François Molins, che accenna a una sessantina di giorni di «scuole serali» per diventare un perfetto soldato di Al Baghdadi da parte del tunisino ucciso dopo la sua corsa sanguinosa sul lungomare di Nizza, dove ora i passanti, in segno di sfregio, hanno lasciato un cumulo di spazzatura.
Le testimonianze raccolte nell'entourage dell'attentatore tracciano il profilo di «un individuo molto lontano dai dettami religiosi islamici, ma l'esame del suo computer mostra un interesse comprovato e recente per i movimenti jihadisti». A un amico Bouhlel disse che non comprendeva perché l'Isis non potesse aver diritto a un proprio territorio. Nella cronologia del suo computer emergono visualizzazioni di video violenti tra i quali decapitazioni, cadaveri dello Stato islamico, canti dell'organizzazione terroristica. Sul motore di ricerca ha inserito diverse volte parole come «orribile incidente mortale» o «video sconsigliato per le immagini cruente». E poi ancora ricerche sugli attentati di Orlando, Magnanville e Bruxelles. Nell'archivio del suo cellulare è stato anche trovato il pdf di un articolo che parla dell'attentato di Digione del 20 dicembre 2014, quando un uomo si lanciò con la sua Renault Clio contro un gruppo di persone ferendone undici. Poi, come accennato, il filmato che si è trasformato in qualcosa di morboso: l'uccisione da parte degli uomini del Califfato di Kasasbeah, arso vivo in una gabbia il 3 febbraio 2015 dopo essere stato catturato 40 giorni prima. Dal pc risulta anche che cercò di informarsi sulle festività organizzate e sui fuochi d'artificio del 14 luglio sulla Promenade des Anglais.
A catechizzare Bouhlel sarebbe stato un reclutatore algerino, membro dello Stato islamico a Nizza. Il nome che torna a galla è quello di Omar Diaby (elemento legato alla cellula Al Nusra), il cui numero di telefono figura nella rubrica del suo cellulare. Lo smartphone di Bouhlel è diventato una sorta di mappa del tesoro. Sono stati trovati tantissimi selfie, inclusi quelli nel giorno della strage: per la precisione uno alle 13:43 davanti alla spiaggia, uno alle 16:02 sul camion (noleggiato tre giorni prima pagando una cauzione di 1.600 euro) e un ultimo alle 19:25. Gli inquirenti avrebbero trovato anche un'applicazione per connettersi a una chat d'incontri e avvicinare partner sia maschili che femminili. Gli investigatori sembrano convinti della bisessualità dell'uomo, orientamento non del tutto accettato e che avrebbe ulteriormente minato la sua già fragile salute mentale. Il padre, Mondher Bouhlel, da M'saken conferma che Mohamed «ha avuto un esaurimento nervoso: si arrabbiava, gridava, spaccava tutto». Dodici anni dopo non si è più limitato a quello.
In attesa di ricostruire la mappa completa delle complicità, uno dei fermati a Nizza risulta che abbia soggiornato in Puglia. Lo si ricava da una segnalazione inoltrata dalle autorità francesi al governo italiano.
Si tratta di un tunisino che avrebbe lavorato per un periodo a Gravina di Puglia (Bari) e sarebbe partito per l'estero due anni fa. Domenica notte agenti della Digos hanno eseguito perquisizioni, le verifiche però non hanno avuto esito.