Le "vittime" del Fisco gridano no al reddito: "Imprese lasciate sole"

I tartassati da Equitalia testimoni della crisi: «Non abbiamo avuto regali, ma persecuzioni»

Le "vittime" del Fisco gridano no al reddito: "Imprese lasciate sole"

«Mi vergogno di uno stato che dà soldi a chi non ha mai lavorato e perseguita chi ha lavorato una vita. Io sono stato costretto a chiudere l'attività». Danilo Moscariello, ad appena 42 anni, ha abbassato le serrande della sua impresa edile ad Avellino dopo venti di lavoro. Ha detto basta nel 2016, al culmine di un calvario con il Fisco che l'ha messo nel mirino per una cartella esattoriale da 160mila euro. Soldi che dovevano andare in tasse e che invece sono andati nelle tasche dei suoi 13 operai «che avevano una famiglia e che se permette per me vengono prima dello Stato». Con i clienti che non pagavano o che pagavano in ritardo, l'impresa è andata in crisi di liquidità e quelle tasse non versate sono diventate debiti. Poi i pignoramenti, e con essi è sceso il buio su un imprenditore e un padre di famiglia: «Ho visto tanti suicidi tra la mia categoria. Ci ho pensato anche io perché quando ti trovi in certe situazioni ci pensi. Poi tornavo a casa la sera, vedevo mia moglie e la mia bimba di 4 anni e trovavo la forza di andare avanti. Ora vedo che danno il reddito di cittadinanza. Io sfido chiunque tra chi chiede il sussidio a venire a lavorare con me un giorno. C'è chi si spacca la schiena da una vita e dallo Stato non ha mai avuto niente se non persecuzioni. Io non sono certo uno che si è arricchito o che si è comprato la seconda casa, a dire il vero neanche la prima. Non ho mai fatto una vacanza, ho sempre pensato a lavorare e basta. Ed ecco come è finita». Uno dei famosi «prenditori», secondo un'infelice definizione dell'esecutivo nei confronti del mondo produttivo che critica certe misure. Muscariello ricorda di essere sempre stato «un leghista». Ma «fortemente deluso da questo governo, che ho votato, che nulla sta facendo per le imprese. Ci fosse stata una misura come il reddito di cittadinanza ma a favore di chi ha un'attività e crea lavoro come l'avevo io, forse a quest'ora non avrei chiuso».

A Milano, Daniela Stefania Caci ha smesso di dormire la notte ormai da anni. Almeno da quel brutto 2012, quando è arrivata la prima cartella esattoriale perché «pagavo le mie ragazze e soldi per il resto non ce n'erano più». Il resto erano tasse e tributi che col suo negozio da parrucchiera doveva versare al Fisco. «Ma io ho sempre dato la priorità agli stipendi. Il reddito di cittadinanza? Un sussidio assistenziale che mi auguro non sia per sempre. Capisco che ci sono persone che ne hanno bisogno. Ma non può essere questa la soluzione. A me nessuno ha aiutato. Ho vissuto e vivo il dramma in solitudine. Quel debito ce l'ho sulle spalle tutti i giorni. Una volta mi è arrivata anche una cartella da 25mila euro con scritto che dovevo pagarli entro una settimana. Così ti tolgono la serenità. Tornassi indietro oggi non so se riaprirei. Io duemila euro di stipendio non li ho mai visti. A fine mese paghi e non resta niente». A 58 anni «non posso andare in pensione, devo lavorare per pagare. E per fortuna non ho figli». Il saldo stralcio, misura fortemente voluta dalla Lega? «Ho fatto richiesta per la mia cartella esattoriale ma è ancora tutto fermo».

Ad alzare la voce per tutti è Andrea Bernaudo, presidente del movimento «Sos partita Iva»: «Prima Renzi con i famosi 80 euro ha provato a comprarsi il consenso dei lavoratori dipendenti, oggi il M5s con il reddito di cittadinanza prova a comprarsi una base nelle fasce più deboli.

Vediamo se arriverà mai un governo che ridurrà davvero le tasse ed il cuneo fiscale su tutte le attività produttive, così saranno gli imprenditori a risolvere il problema della disoccupazione e del salario dei dipendenti».

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