Ed eccola lì. A smontarci i sogni e la grinta. È arrivata praticamente subito, proprio all'inizio del discorso e poi è stata ripetuta, brandita, minacciata più e più volte. A un certo punto ci sembrava di non ascoltare altro nell'intervento di Ursula von der Leyen al Parlamento di Strasburgo se non quella parola: «donna», «donna», «donna». Che peccato. Se l'è masticata tra le labbra come una parolaccia, l'ha pronunciata come un insulto senza rabbia in volto. E dire che con la metà di una donna così ci si potrebbe fare un esercito: medico, sette figli, tre lingue parlate correntemente, origini nobili, ministro della Difesa, alleata chiave di Angela Merkel, candidata alla presidenza della Commissione europea.
Eppure nemmeno lei, una volta al microfono, ha resistito alla silente provocazione, all'esca appesa al soffitto. Non ha saputo evitare le fauci metalliche e impietose della solita trappola: l'autoghettizzazione. Perciò Ursula arriva lì, fin lì, e poi parla del suo essere arrivata lì «in quanto donna». E nel tentativo di sanare l'atavica sperequazione, elimina ogni conquista. Ed eccola lì. A spiegare la sua Europa che è donna (verde e anti-sovranista). Eccola lì a citare la francese Simone Veil perché «se l'Europa fosse donna sarebbe la liberalissima Simone Veil», a snocciolare cifre ancora poco edificanti sul numero di signore nel Parlamento Europeo: «Finora ci sono stati 183 commissari, ma solo 35 sono state donne, meno del 20% ma noi rappresentiamo la metà della popolazione mondiale». Eccola lì, a padroneggiare la circostanza calcando sul pedale della parità di genere. A toreare con uomini che il drappo rosso nemmeno lo vedono. A librarsi finalmente in cielo per poi esibirsi in un volo zoppo. Nessun uomo avrebbe affrontato quel discorso «in quanto uomo» e non perché non ne avrebbe bisogno, ma perché non gli passerebbe neppure per l'anticamera del cervello e in questo modo non lo farebbe passare per l'anticamera del cervello neppure degli altri. La von der Leyen ha detto che intende realizzare una perfetta parità di genere nella prossima Commissione e che se i governi non presenteranno un numero sufficiente di candidati donne non esiterà a chiedere altri nomi. Praticamente una minaccia. Con le donne imposte come un obbligo. Non è così che si ripara la rozza asimmetria del mondo.
Non impegnando le nostre forze nel sottolineare che siamo donne, non auto infliggendosi una defatigante riconciliazione con il diritto e l'autoaffermazione. Crediamo proprio che la nostra Ursula preferita resterà quella in bikini bianco che esce dall'acqua per 007.
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