Palamara: "Assolto dal fango. Voglio tornare in magistratura"

L'ex toga Luca Palamara: "Chiederò la revisione della sentenza disciplinare, ci sono le prove"

Palamara: "Assolto dal fango. Voglio tornare in magistratura"
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E adesso, dottor Palamara? Dobbiamo prepararci a rivederla con la toga da magistrato?

«Assolutamente sì. Adesso la priorità è eliminare ogni schizzo di fango che hanno tentato di gettarmi addosso attraverso una calunnia supportata dai giornalisti di riferimento. Successivamente avvierò la revisione della sentenza disciplinare basandomi sulle prove nuove che sono emerse in questi anni».

Luca Palamara, oggi saggista e editorialista, è stato per anni uno degli uomini più potenti della magistratura italiana. Precipitosamente caduto, ieri ha il tono di uno che si prepara alla riscossa.

L'iniziativa della Procura generale di Perugia ribalta il quadro: quelle raccontate per anni contro di lei e il dottor Fava sono calunnie. Ci si poteva arrivare prima?

«Meglio tardi che mai. Ovvio che in prima battuta si poteva fare diversamente ma un meccanismo di ricatti e contro ricatti lo ha impedito. Basti pensare che chi indagava ben sapeva che ad Amara arrivavano notizie coperte da segreti investigativi ed in particolare le informative della Guardia di finanza che lo riguardavano. Non mi risulta sia mai stata fatta un'indagine per comprendere chi ed in che modo le faceva uscire da quegli uffici per consegnarle ad un maresciallo dei carabinieri «distaccato alla Presidenza del Consiglio», cioè a pieno titolo nell'organico della nostra intelligence. Meglio depistare su altre persone, così la manina che realmente le consegnava può tranquillamente fare carriera nell'arma di appartenenza».

Amara appare, nell'invito a comparire, come un professionista dell'inquinamento probatorio, come si era capito già a Milano. Lei si è fatto un'idea degli obiettivi che perseguiva?

«Amara ha semplicemente fatto il suo gioco per risolvere le questioni processuali che lo riguardavano. Quando ha capito che per uscirne fuori doveva assecondare l'ipotesi accusatoria traballante che mi riguardava non ha indugiato, peraltro in un momento nel quale a Perugia mancava il Procuratore capo».

Amara è stato anche la fonte dell'indagine sulla loggia Ungheria. Anche lì è stato ritenuto inattendibile. Eppure, qualcuno continua a dire che la loggia esisteva davvero. Lei che ne pensa?

«Ricordiamoci sempre che nel nostro paese ognuno utilizza il tema giustizia a suo uso e consumo. La vicenda della loggia Ungheria si inserisce in questo contesto: si trattava di una bufala sin dalle prime battute perché sul versante delle nomine del Csm notoriamente non c'era mai stata alcuna interferenza da parte di quei fantomatici personaggi. Ma cavalcare quella storia in quel momento faceva comodo ad una parte dell'informazione fino a quando nel luglio del 2022 Raffaele Cantone ha deciso di porre fino a questo stillicidio ben consapevole di quello che stava accadendo all'interno del suo ufficio a seguito della vicenda del cancelliere accusato di passare notizie a Repubblica, al Corriere e al Fatto quotidiano».

I nuovi vertici dell'Anm sono pronti a riconoscere che l'epurazione è stata un errore?

«Voglio confidare nell'onestà intellettuale di tutti perché prima di ogni cosa deve venire il bene della magistratura. Ma sinceramente temo che ancora non ci siano le condizioni perché questo possa avvenire. Dopo le note vicende del maggio del 2019 si è ritornati ad uno scenario in cui la maggioranza interna è dominata da un accordo tra la sinistra giudiziaria ed il centro ed in cui inevitabilmente la componente più moderata finisce per dover assecondare i desiderata del sistema. Mi sembra che sulle colonne di questo giornale un'importante esponente della magistratura associata abbia chiaramente sottolineato il ruolo di opposizione politica svolto dalla presidenza Santalucia nell'ultimo periodo che per debolezza non ha mai affrontato i mali veri che affliggono il nostro mondo».

Si riferisce alla vicenda Prestipino, il pm nazionale antimafia accusato di divulgare segreti?

«Non solo quella.

In ogni caso la vicenda Prestipino insegna che il sistema è vulnerabile per tutti e la politica mi sembra che faccia molta fatica a comprendere questi meccanismi che rischiano di travolgere chiunque. Però non trascuriamo mai che ci sono ancora tanti magistrati svincolati dalle appartenenze che vogliono sapere come realmente è andata. Su questo penso che il meglio debba ancora venire».

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