L'utilizzo disinvolto degli aerei di Stato per raggiungere la sua residenza in Sicilia, partecipare a incontri e comizi, allestire l'organizzazione di campagne elettorali nonché promuovere anche il libro autobiografico uscito già l'anno scorso, hanno valso ad Angelino Alfano una querela da parte del Movimento Cinquestelle. L'accusa mossa è quella di peculato. L'interesse primario è risarcitorio, si legge nell'atto di denuncia. La motivazione, esposta nel fascicolo delle indagini aperto dalla Procura di Roma sull'andirivieni del ministro degli Esteri nella sua terra natia, è basata essenzialmente sul fatto che «il trasporto aereo di Stato può essere autorizzato anche per i membri del Governo, ma sempre nel rispetto dei criteri e dei presupposti di legge e prestando attenzione ai criteri di economicità». Concetto sul quale punta molto l'avvocato dell'accusa Mattia Alfano (omonimia che farebbe pensare a una scelta non casuale ma che in realtà è solo coincidenza), e altrettanto il parlamentare pentastellato, Paolo Nicolò Romano, che fonda le accuse non soltanto su fatti recenti (tra cui quelli raccontati dal Giornale, ndr) ma anche sul fatto che: «I voli di Stato sono da anni oggetto di abusi da parte di tutti gli esponenti di governo e non solo. Non ci sono ragioni di protocollo e di sicurezza tali da giustificare uno sperpero così ingente di denaro pubblico a fronte di alternative molto più economiche e altrettanto sicure. Dobbiamo invece porre fine ai voli di Stato sul territorio nazionale, impiegati soprattutto per tornare a casa o fare campagna elettorale. I voli di linea e l'alta velocità possono ampiamente ovviare alle esigenze di mobilità delle autorità, visto che gli impegni istituzionali sono pianificati settimane prima».
Su questo punto il deputato tiene anche a precisare di aver presentato una proposta di legge per disciplinare l'uso degli aerotaxi. Ma non è una questione di vacatio legis. Assolutamente. La legge c'è già e da un pezzo. La questione è come farla rispettare. L'utilizzo degli aerotaxi è infatti regolamentato da un provvedimento del 2011 a firma di Silvio Berlusconi (direttiva del 23 settembre 2011) e notificato alla Corte dei conti che recita «I voli di Stato devono essere limitati al presidente della Repubblica, ai presidenti di Camera e Senato, al presidente del Consiglio dei ministri, al presidente della Corte costituzionale. Eccezioni rispetto a questa regola devono essere specificamente autorizzate, soprattutto con riferimento agli impegni internazionali».
Una disposizione rigorosa e senza sbavature che, se applicata alla lettera, farebbe risparmiare una buona metà dei circa 50 milioni annui per i voli di stato e altrettanti 100mila per i catering. O anche di più visto che nei primi 6 mesi del 2017 per le vettovaglie si è arrivati a impegnare i primi 62mila euro. Altro che congetture e conclusioni affrettate quindi. Al governo attuale rimane soltanto di rispondere con l'onere della prova a tutti gli atti ispettivi presentati e chiarire quali missioni Angelino Alfano, prima in qualità di ministro dell'Interno e poi degli Esteri, abbia compiuto fuori da appuntamenti istituzionali. E quale procedura gli abbia consentito di utilizzare i velivoli di stato nei weekend per recarsi da Roma a Catania e ritorno.
Comunque il «fascicolo Alfano» è in buona compagnia: a rafforzare indagini in corso e interrogazioni parlamentari a suo carico ci sono anche gli atti ispettivi dei voli effettuati dall'ex premier Matteo Renzi. Uno per tutti quello del 30 dicembre 2014, quando di ritorno da Tirana dove ha incontrato il suo omologo albanese Edi Rama, si è recato a Courmayer per il Capodanno.
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