"Wagner si sposta in Africa". Ma Prigozhin smentisce "Restiamo qui a combattere"

"Bloomberg" lancia l'ipotesi di un disimpegno dei mercenari sul campo. Pesano i contrasti con il Cremlino e i generali.

"Wagner si sposta in Africa". Ma Prigozhin smentisce "Restiamo qui a combattere"

Il gruppo Wagner limiterà le operazioni in Ucraina per concentrarsi sull'Africa (dove peraltro è già ampiamente presente)? Lo afferma l'agenzia Bloomberg, solitamente ben informata sulle vicende della brigata di mercenari impegnata sul fronte del Donbass. Due le ragioni principali di questa possibile svolta: da una parte il suo fondatore e leader Evgeny Prigozhin starebbe definitivamente uscendo dalle grazie di Vladimir Putin sia perché si comporta sempre di più come un rivale per il potere sia perché non riesce a sfondare a Bakhmut; dall'altra le ingenti perdite subite per mano ucraina, l'impossibilità di effettuare nuovi arruolamenti nelle carceri russe e i mancati rifornimenti di munizioni lo starebbero spingendo a cambiare aria.

Fin qui Bloomberg. Certe informazioni, però, vanno prese con le pinze. Il rapporto tra Prigozhin e Putin è molto complesso, e il loro scambio di invettive alimenta spesso il sospetto di un gioco delle parti tra i due, in cui tuttavia si inframmette un terzo incomodo assai robusto per dimensioni e appetiti: i generali delle forze armate regolari russe. È quindi vero che negli ultimi tempi il capo di Wagner sembra essersi montato la testa e pare perfino covare ambizioni politiche di primo piano, ed è vero che diverse sue dichiarazioni hanno il tono della sfida diretta ai vertici politici, più che irrituale in un Paese dove Putin ha ormai assunto il ruolo dell'intoccabile Generalissimo. Rimane però il fatto che la Brigata Wagner continua a svolgere per il Cremlino un servizio preziosissimo: in Ucraina, mettendo in imbarazzo un sistema militare nazionale assai meno moderno e invincibile di quanto si pensasse, dove ottiene almeno qualche risultato sul campo di battaglia; e in Africa, dove i suoi uomini sono schierati in Libia, nel Mali, nel Centrafrica, oltre che presenti in Sudan, Burkina Faso e altrove. Senza dimenticare il Medio Oriente: in Siria, Wagner ha consentito al dittatore Bashar el-Assad di rimanere in sella, garantendo tra l'altro la base navale di Tartous alla Marina militare russa.

In Libia, come segnalato con allarme dal governo italiano e dalla stessa Nato, Wagner non si limita a marcare il territorio cirenaico al posto delle forze regolari di Mosca, ma lavora per destabilizzare l'Italia e non solo favorendo le partenze di decine di migliaia di migranti. Negli altri Paesi africani, è al centro di traffici clandestini di materie prime e beni sotto sanzioni che da una parte arricchiscono Prigozhin e la sua cerchia, dall'altra permettono a Putin di aggirare le barriere erette dall'Occidente per ostacolare l'economia russa.

A sostegno della tesi di Bloomberg, rimane comunque il fatto che nel tentativo sempre vano di prendere una cittadina del Donbass Wagner sta immolando centinaia di mercenari ogni giorno ormai da mesi, e che si avvicina almeno sulla carta per migliaia di ex carcerati superstiti la scadenza di quel contratto semestrale siglato con Prigozhin che prevede il congedo con onore e la rimessa in libertà. Questo, sommato al divieto di nuovi arruolamenti nelle prigioni russe e al blocco dei rifornimenti militari voluto dal ministero della Difesa a tutela del ruolo delle forze regolari, spiegherebbe la presunta notizia del passo indietro di Wagner in Ucraina.

Peccato che lo stesso Prigozhin neghi tutto. In uno sprezzante comunicato, ironizza su Bloomberg «che sembra sapere meglio di me quello che faremo» e assicura che «fino a quando la Russia avrà bisogno di noi, resteremo a combattere in Ucraina».

È lo stesso Prigozhin che il giorno prima, con uno sfoggio di dubbia ironia che lascia intravedere ambizioni da statista, si è rivolto al segretario di Stato americano Antony Blinken ricordandogli che Washington sta perdendo posizioni in Africa a vantaggio di Mosca e offrendogli i servigi di Wagner per recuperare terreno.

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