Valeria Robecco
New York Non poteva essere diversamente. Sull'onda dello scandalo che ha travolto il produttore di Hollywood Harvey Weinstein, Donald Trump torna ad essere accusato di molestie sessuali. Riportandoci indietro di un anno esatto, quando alla vigilia del voto venne pubblicato il video del 2005 in cui il tycoon faceva commenti volgari e sessisti. L'episodio fece scoppiare una bufera, con una decina di donne che dissero di aver subito molestie e abusi dall'allora candidato repubblicano alla Casa Bianca. Tra loro c'era anche l'ex concorrente di Apprentice Summer Zervos, che accusò pubblicamente Trump: e ora emerge che la donna lo ha citato in giudizio, chiedendo che sia messa a disposizione la documentazione delle altre accusatrici. La domanda è stata presentata nel marzo scorso, ma è giunta all'attenzione della Corte soltanto lo scorso mese. Un anno fa, proprio durante il rush finale della campagna elettorale, Zervos denunciò di essere stata aggredita dal tycoon nel 2007, in un albergo di Beverly Hills: secondo il suo racconto Trump tentò di baciarla e di toccarla nelle parti più intime. Un'accusa arrivata pochi giorni dopo la diffusione del vecchio audio in cui «The Donald», non sapendo di essere registrato, parlava al conduttore di una trasmissione tv dicendo frasi come: «Quando sei una star, le donne te lo lasciano fare. Puoi fare ogni cosa. Afferrarle nelle parti intime, ovunque». Trump accusò la Zervos di essere una bugiarda, bollando le sue affermazioni come «falsità e fantasie»: «Non l'ho mai incontrata in un albergo o trattata in modo inopportuno - disse - Non sono una persona del genere. Infatti ha continuato a contattarmi per ricevere aiuto, e ha anche inviato un'email al mio ufficio in aprile chiedendo di andare nel suo ristorante in California». Lei, per tutta risposta, lo denunciò per diffamazione. Ed è proprio nell'ambito di questa causa che l'ex concorrente del reality show, attraverso l'avvocato Gloria Allred (specializzata nella difesa dei diritti delle donne), ha avanzato la richiesta di citazione in giudizio del Commander in Chief. I legali di Trump, però, hanno già presentato domanda di archiviazione del procedimento per diffamazione, dicendo che un presidente non può affrontare una causa civile durante il suo mandato. Intanto, mentre Hillary Clinton continua a dirsi «scioccata e sconcertata» dalla condotta di Harvey Weinstein, alcuni media Usa hanno riferito che nel 1998 proprio l'ex re di Hollywood pagò una parte (almeno diecimila dollari) delle spese legali che Bill Clinton dovette sostenere per difendersi dal Sexgate. L'ex candidata alla Casa Bianca nei giorni scorsi ha assicurato che restituirà fino all'ultimo centesimo del denaro che Weinstein ha donato per la sua campagna come finanziatore dei democratici. Ma non quello versato dal produttore alla Clinton Foundation, fino a 250 mila dollari. Tutti soldi - come ha spiegato un portavoce a Fox News - «già spesi in progetti come la lotta all'Aids, quella all'obesità infantile e quella contro i cambiamenti climatici». Nel frattempo la società fondata dal produttore, The Weinstein Company, è in trattative per una potenziale vendita con il fondo di private equity Colony Capital (lo stesso che nel 2010 ha acquistato la Miramax dalla Walt Disney). Fondo guidato da Tom Barrack, miliardario investitore amico e stretto consigliere di Trump.
«Siamo lieti di investire nella Weinstein e di aiutarla ad andare avanti» ha detto Barrack. Il tutto mentre spunta un video del 2005 nel quale la cantante e attrice Courtney Love metteva in guardia le giovani attrici: «Se Harvey Weinstein vi invita ad una festa privata al Four Seasons - diceva - non andate».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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