Guerra in Ucraina

Lo Zar perde i pezzi grossi. Via l'ex vicepremier. E la banchiera ci prova

Chubais lascia l'incarico al Cremlino e fugge in Turchia. Nabiullina si dimette: stop di Putin

Lo Zar perde i pezzi grossi. Via l'ex vicepremier. E la banchiera ci prova

Per la prima volta dall'invasione russa dell'Ucraina il 24 febbraio, due nomi eccellenti dell'universo putiniano aprono una crepa nel granitico entourage del Cremlino. E lo fanno a causa della guerra a Kiev, segnale da non sottovalutare mentre il dissenso viene soffocato barbaramente in Russia e il regime stringe le maglie contro ogni forma di opposizione al conflitto.

C'è un addio certo, con probabile fuga all'estero, dalla Russia alla Turchia. Ed è quello di Anatoly Chubais, l'economista che è stato l'architetto di fatto delle riforme post-sovietiche, uscito di scena nelle scorse ore dopo aver dato le dimissioni dal suo ultimo incarico di inviato speciale del Cremlino per il clima. E c'è un addio cercato, con dimissioni respinte due volte da Vladimir Putin, ma ancora nell'aria. Ed è quello di Elvira Nabiullina, governatrice della Banca centrale russa, stretta consigliera del presidente russo, che secondo fonti a conoscenza della vicenda, citate da Bloomberg, ha già cercato di lasciare il suo incarico ma sarebbe stata fermata da Putin mentre la Russia è a rischio default, sotto la scure e le turbolenze delle sanzioni occidentali.

Due nomi di primo piano. E di uno c'è la sicurezza che abbia lasciato l'esecutivo di Mosca, diventando il simbolo di un dissenso interno al Cremlino e alla sua guerra, che potrebbe presto allargarsi. Anatoly Chubais, 66 anni, con la decisione confermata dal portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, diventa il più alto funzionario russo a lasciare un incarico governativo dall'aggressione all'Ucraina. E il suo nome non è uno qualsiasi. Ex vicepremier di Boris Eltsin e padre delle grandi privatizzazione statali dei primi anni Novanta, dopo la caduta dell'Urss, Chubais fu l'uomo che a metà di quegli anni, come capo dello staff di Eltsin, diede a Putin il primo lavoro al Cremlino e caldeggiò la sua ascesa al potere. «Che se ne sia andato o meno è una questione personale», ha cercato di sminuire Peskov, riducendo a una faccenda privata le ragioni della dipartita. Ma diversi segnali, nel mondo orwelliano che è la Russia dei nostri giorni, lasciano intendere che sia stata proprio la guerra a convincerlo all'addio. Non a caso Chubais, che negli anni ha mantenuto stretti legami con diversi funzionari occidentali, avrebbe deciso anche di lasciare la Russia e sarebbe ora a Istanbul: troppo rischioso restare a Mosca. Il suo dissenso lo aveva manifestato sui social network. Il 27 febbraio, tre giorni dopo la guerra, aveva pubblicato una foto di Boris Nemtsov, ex vicepremier di Eltsin, divenuto oppositore di Putin, nell'anniversario della sua uccisione, avvenuta nei pressi del Cremlino nel 2005. Nemtsov aveva descritto l'involuzione autoritaria della Russia di Zar Vlad. Il messaggio di Chubais era dunque chiarissimo. Come quello postato una settimana fa. Stavolta nell'anniversario della morte di Yegor Gaidar, economista-amico finito in rotta con il presidente. Su Facebook, Chubais ammetteva che il collega «aveva capito i rischi strategici meglio di me e io mi sbagliavo». L'amico Gaidar nel 2006, nel suo libro «Morte di un impero», metteva in guardia sulla nostalgia dell'epoca sovietica.

È incerto invece il destino di Elvira Nabiullina, capo della Banca centrale russa, considerata una delle più abili registe mondiali di politica monetaria. Di lei non si sa ancora quanto resterà al timone. Secondo fonti di Bloomberg, nonostante sia stata nominata dal Cremlino la scorsa settimana per un terzo incarico di 5 anni, Nabiullina ha già cercato di lasciare il suo ruolo a causa della guerra. Ma in entrambi i casi la sua richiesta di dimissioni sarebbe stata respinta da Putin, che l'ha riconfermata. Nonostante l'impegno per salvare il rublo, dopo l'attacco, Nabiullina ha avvertito delle conseguenze: recessione e inflazione alle stelle. Nel suo tentato addio, pare abbia scritto: l'invasione «ha fatto precipitare l'economia in una fogna».

Sparito invece dai radar, da una decina di giorni, il ministro della Difesa Sergei Shoigu. Non appare più in pubblico da quando sono montate, anche dall'interno del Cremlino, le accuse di una cattiva gestione della guerra.

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