Ora Volodymyr Zelensky è tra due fuochi. Entrambi assai insidiosi. Il primo divora le linee del fronte intorno a Pokrovsk. Il secondo è alimentato dall'uragano politico scatenato dalle accuse di corruzione rivolte a ministri e collaboratori del presidente. In tutto questo i primi ad approfittarne sono i russi ben attenti a esercitare una pressione militare capace di scatenare intensi contraccolpi politici e intaccare la credibilità di un presidente ancora popolare (recenti sondaggi gli attribuiscono consensi intorno al 70%) nonostante scandali e débâcle militari.
Ma partiamo dal tritacarne di Pokrovsk. Su quel fronte le consistenti perdite subite da ucraini e russi hanno valenze e conseguenze assai diverse. Mentre Mosca avanza grazie a una forza di "quasi 150mila uomini" - stime del capo di stato maggiore ucraino generale Oleksandr Syrskyi - Kiev, già in difficoltà nell'assemblare i 50mila difensori originari, è costretta a rimpiazzare caduti e feriti sguarnendo altre zone del fronte difese ormai soltanto dai droni. In tutto ciò le pessime notizie belliche alimentano diserzioni e fughe all'estero fra i giovani in età di leva. "Abbiamo grossissimi problemi per quanto riguarda soldati e risorse umane" ammette il sindaco di Kiev, Vitali Klitschko, sottolineando come questo sia dovuto ai ripetuti rifiuti di Zelensky e del governo di abbassare l'età di leva sotto i 25 anni. Questo secondo Klitschko alimenta il flusso di giovani tra i 18 e i 25 anni in fuga verso un'Europa che, solo lo scorso settembre, ha accolto circa 79mila ucraini, molti dei quali vicini all'età di leva. All'aumento delle diserzioni causato dall'incremento delle perdite si aggiunge l'interrogativo politico strategico sull'utilità di difendere Pokrovsk sino all'ultimo uomo. Come già a Bakhmut nel 2023 Zelensky e i suoi comandanti evitano una ritirata strategica per non venire accusati di cedere il passo ai russi. Il rischio però è che le linee crollino di schianto, come ad Avdiivka nel 2024, rendendo impossibile la difesa e la salvezza di migliaia di uomini imbottigliati da una repentina avanzata russa. Con contraccolpi ancora più devastanti per Zelensky e il già discusso capo di stato maggiore Syrskyi.
Al disastro di Pokrovsk si aggiunge il malcontento per i continui black out causati dai continui raid russi sulle strutture energetiche del Paese. Raid che ora fanno sentire tutto il loro peso. Mentre la popolazione vive al freddo e al buio la Procura anti-corruzione indaga sulle tangenti distribuite con i proventi del martoriato settore energetico. Un'indagine che ieri ha portato alle dimissioni della ministra dell'Energia Svitlana Grynchuk, del responsabile della Giustizia German Galushchenko e del direttore esecutivo della sicurezza di Energoatom, Dmytro Basov.
Dimissioni dai pesantissimi contraccolpi politici perché dimostrano come guerra e ristrettezze non impediscano agli uomini di Zelensky d'intascare mazzette e tangenti.Tutti elementi che, nei piani del Cremlino, possono spingere Kiev a cedere alle pressioni di quanti confidano più in una trattativa, seppur svantaggiosa, che in una guerra ormai disastrosa.