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Zingaretti si ribella a Concita. "Basta lezioni dai radical chic"

Scontro nell'area progressista: il leader Pd contro la De Gregorio ("Repubblica") che gli dà del mediocre

Zingaretti si ribella a Concita. "Basta lezioni dai radical chic"

Prendiamo nota della data perché passerà alla storia: ieri, addì 30 gennaio il segretario generale del partito erede degli eredi del Pci ha usato per esprimere massimo disprezzo, il termine «radical chic». Zingaretti ha voluto infatti rendere pubblica la propria reazione di rigetto nei confronti di Concita De Gregorio (nel tondo) che ieri mattina in un articolo di Repubblica aveva descritto il segretario dem come un uomo talmente insignificante e ridicolo, da leggere davanti ai giornalisti uscendo dal Quirinale, un foglietto con parole di circostanza, del tutto banali e perdenti rispetto a quelle frizzanti e improvvisate a braccio come nei comizi o nei talk, da Matteo Renzi uscendo dallo stesso Palazzo, cosa che ha destato deplorazione piuttosto che ammirazione. Il fatto notevole e anzi inaudito perché non ha precedenti, è che Zingaretti, ha pensato che fosse arrivato il momento di togliersi qualche sassolino dalla scarpa, anche se poi ne è venuto fuori un sanpietrino lanciato per frantumare un equivoco, che ha così espresso pubblicamente: «Ho letto su Repubblica una pagina di Concita De Gregorio, in cui purtroppo ho visto solo l'eterno ritorno di una sinistra elitaria e radical-chic, che vuole sempre dare lezione a tutti, ma a noi ha lasciato macerie sulle quali stiamo ricostruendo». Macerie della sinistra causate dai radical-chic? A che cos'altro poteva riferirsi Zingaretti se non alla definitiva e imbarazzante chiusura dell'antica testata dell'Unità, di cui De Gregorio è stata l'ultima direttrice, coronata dal più disastroso insuccesso? La dichiarazione di Zingaretti prosegue poi così: «Chi fa un comizio in diretta dopo le consultazioni al Quirinale (allusione a Renzi ndr) è considerato un esempio; chi invece rispetta quel luogo, una nullità. Vorrà dire che la prossima volta mi porto una chitarra. Che degrado! Ma ce la faremo anche questa volta».

Come i lettori comprendono, non stiamo riferendo di uno scambio di battute salaci, ma di un annuncio di divorzio pubblico - l'accusa è di maltrattamenti e crudeltà mentale tra l'ultimo dirigente dell'ex Partito comunista e un genere di giornalismo ucciso dalla sua stessa tossina: il ridicolo. Non era mai accaduto che un segretario ex comunista usasse l'espressione «radical chic» creata dal geniale scrittore americano Tom Wolfe nel 1970 per definire la presunzione pestifera di sinistra abituata con un atteggiamento presuntuoso e spocchioso ad intimidire la sinistra politica con un linguaggio scaltro, allusivo, e di abbondanti secrezioni tossiche. L'expertise di Zingaretti è difficilmente confutabile: l'articolo della De Gregorio consiste in un ritratto di malintenzionato snobismo per descriverlo come un poveraccio, incerto persino nel camminare, spoglio di qualsiasi dignità. Che si tratti di una scrittura di genere e indubbio, dal momento che le meritate fortune di De Gregorio derivano da una coltivata abilità nel costruire sensazioni di facile e superficiale disprezzo. Ciò che oggi registriamo è che il segretario del maggior partito della sinistra mandi a quel paese l'aggressività inconsistente dell'ideologia «radical chic» portatrice di rovine per la sinistra stessa. Quando nel 1976 Eugenio Scalfari fondò la Repubblica con pochi valorosi o sconsiderati fra i quali io stesso, incontrammo la naturale diffidenza dei dirigenti del partito comunista che guardavano con sospetto un giornale «di sinistra» che sfuggiva alla loro influenza. Seguì un periodo di reciproco sospetto al termine del quale giornale e partiti si riconobbero le rispettive indipendenze, almeno in un primo tempo perché poi le cose cambiarono. Da allora i rapporti tra partiti e giornali sono cambiati non in meglio ma qualcosa di pessimo è sopravvissuto di quell'epoca: il delirio di onnipotenza dei radical chic, ormai privo di qualsiasi fascino. Questa è la ragione per cui ci è sembrata un segno dei tempi la scomunica e il divorzio fra residuati della spocchia e un leader della sinistra italiana politica che è andato molto vicino ma senza usarla - all'espressione più amata dai grillini.

Una storia d'amore fittizio è terminata, cenere alla cenere, parce sepulto.

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