Politica

Politici, stipendi per 3 miliardi

l'esercito delle poltrone è la casta degli eletti dalle Regioni ai consigli di quartiere: quanti assessorati strampalati, dal Perdono agli Stili di vita. Lo Stato obeso ci costa 300 miliardi

Politici, stipendi per 3 miliardi

Roma - «Com’è bello far politica da Trieste in giù», avrebbe cantato Raffaella Carrà. Ma anche tra gli altoatesini o tra i camuni conviene arruolarsi nelle file dell’esercito che si dedica all’amministrazione della cosa pubblica. Mezzo milione di persone che in teoria dovrebbe essere al servizio del cittadino, ma che in realtà è al servizio della politica fine a se stessa, della «casta».

La falange dei parlamentari, dei consiglieri, dei sindaci, dei presidenti e delle comunità montane consta di circa 150mila unità che si amplia di altre 300mila «miliziani» se si considera la pletora degli incarichi, delle consulenze e dei servizi agli organi amministrativi stessi. Non c’è lotta anti-casta che li possa smontare, non c’è pubblica indignazione che li intimorisca: sono sempre lì identici a se stessi fino all’eternità. E anche il loro costo si è mantenuto sempre invariato, ufficialmente attorno ai due miliardi di euro. Ma poiché non sempre è facile conoscere il numero delle sedute di commissioni, consigli circoscrizionali che danno diritto al classico gettone di presenza, ipotizzare una cifra maggiore (vicina se non superiore ai 3 miliardi) non è peregrino.

L’armata rossa del settore pubblico supera abbondantemente il milione di dipendenti aggiungendo anche gli enti parco, i consorzi di bonifica, gli ambiti territoriali ottimali, le società municipalizzate e partecipate. Una situazione che ha consentito alla presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia, di avere buon gioco nell’affermare che «la politica è l’unico settore che non conosce né crisi né cassa integrazione». Mille parlamentari, mille consiglieri regionali, 119mila consiglieri comunali, 25mila consiglieri circoscrizionali e di comunità montane. Un incubo dal quale il Paese ha difficoltà ad uscire.
E non c’è differenza geografica che tenga. Ad esempio la legge stabilisce che i Comuni con popolazione superiore a 100mila abitanti abbiano un numero di assessori non superiore a otto. Indovinate quanti ne ha Roma e quanti ne ha Milano? Nella Capitale sono dodici, nel capoluogo lombardo ben 16. Anche se il sindaco Moratti ha annunciato che dall’anno prossimo con la nuova consigliatura ci sarà un bel taglio.

Forse è meno tollerabile che un paesino di 228 anime, Roccafiorita in provincia di Messina, abbia un sindaco, un vicesindaco, tre assessori e ben dodici consiglieri. Il 7,5% della popolazione di Roccafiorita ha un reddito extra proveniente dalla politica. E in attesa della Carta delle Autonomie del ministro Calderoli continuerà a esistere la Comunità montana della Murgia tarantina con la ridente Palagiano (altura zero metri sul livello del mare).

In attesa di quel dì, oltre al taglio delle mini Province (stralciato dalla manovra) e degli altri enti inutili, si potrà invocare anche l’abolizione di assessorati «particolari» del passato e del presente. Come l’assessorato all’Altra Economia e agli Stili di vita consapevoli varato di recente dal governatore ecumenico della Liguria, Claudio Burlando. Come l’assessorato alla Pace e al Perdono della penultima giunta regionale toscana. O l’assessorato all’Ambiente e Partecipazione del Primo municipio di Roma, quello del centro storico. O come le commissioni consiliari della Regione Molise sul dissesto idrogeologico, sull’influenza suina e anche sui problemi della famiglia che per un ente locale con meno di 400mila abitanti sono dirimenti.

Il neogovernatore campano Caldoro, seppure partito a testa bassa contro gli sprechi del quindicennio precedente, avrà ancora molto da lavorare in una Regione che annovera le autorità di bacino della riva destra e sinistra del Sele oltre a quella interregionale con la Basilicata sempre riguardante il medesimo fiume.

E poi conviene avere quattro piccoli Comuni, un’Unione di Comuni come le Terre di Frontiera per quattro piccoli centri che distano 15 chilometri da Como? Ai posteri l’ardua sentenza.

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