Se ne sta andando un’altra stagione e il disegno di legge sulla semplificazione delle norme che regolano la navigazione dei grandi yacht è fermo in qualche ovattata aula di Palazzo Madama. Si dice che il fascicolo sarà «spolverato» non prima di settembre. Quando altre, tante, troppe imbarcazioni avranno già fatto rotta verso le coste francesi. Grande occasione gettata al vento, tempo sprecato, mancati introiti. Per lo Stato, per i costruttori, per il refitting, per l’intero indotto. E per tutta l’economia costiera italiana. In questi casi il vero problema è non sapere a chi fare i complimenti. Certo, dobbiamo capire i nostri 956 parlamentari. Poveri! Stanchi e stressati dal superlavoro. Impegnati come sono, sia a destra sia a sinistra, a litigare, a lucidare i pugnali, a chiedere le dimissioni dell’avversario “lievemente” più corrotto del proprio compagno di partito. A tramare contro il Premier. È questo il grande lavoro che i peones fanno per il Paese. Un Paese che farebbe volentieri a meno dei peones. «La situazione è tragica - racconta al Giornale Sandro Picchiotti, presidente di Leopard Yacht - sia per i costruttori, sia per refitting e service. Confusione e incertezze sulla normativa stanno distruggendo il charter. Così i clienti stranieri se ne vanno in Francia. Difficile che tornino». Leopard Yacht ha abbandonato, infatti, l’attività del charter: «Per non dare motivi di rischio ai nostri clienti - aggiunge Sandro Picchiotti - Proprio per questa attività avevamo costruito 5 yacht di 24 metri, investendo 25 milioni». Andati in fumo. Insieme con i sogni di sopravvivenza di almeno 20 lavoratori tra equipaggio e personale addetto alla manutenzione. Cosette da poco, lontane dalle strategie sindacali. Quanto pretendete che valgano lavoro e famiglie di venti disperati? Per scomodare Epifani & C occorre che esplodano «bombe» tipo Pomigliano d’Arco o Termini Imerese. «Venti posti di lavoro perduti in un solo cantiere, il mio - dice ancora Picchiotti - Ma vogliamo andare a mettere il naso in altre situazioni simili? Chieda in giro, ai miei colleghi che cosa succede nei cantieri. Senza contare che la caduta di lavoro e fatturato significa far soffrire anche l’artigiano, il falegname, il tappezziere. Spesso non recrimino su mancati ricavi della mia azienda, ma penso a chi perde il lavoro, a chi chiude bottega. Questo è il lato peggiore di una situazione ormai insostenibile, un vero e proprio dramma sociale che nessuno ha voglia di comprendere fino in fondo». Da uomo concreto qual è, Picchiotti prende la mira. E sbotta: «Si è parlato tanto di “decreto salva Briatore”, ma secondo me chi pensa questo, della necessità di nuove norme ha capito ben poco. Sono schietto: ci sono situazioni difficilmente difendibili, e non mi riferisco al caso Briatore. Esiste qualche armatore italiano che non si è comportato nella maniera più corretta. Fatti isolati che tuttavia offrono il fianco ai moralisti dell’opposizione che fanno di tutta l’erba un fascio, demonizzando il mondo della nautica, a cominciare dai costruttori». Vorremmo tranquillizzare il presidente: c’è anche qualcuno nella maggioranza di governo che fa finta di non capire. Motivo? Nessuno. Non capisce a prescindere. Per il proprietario-presidente, di Sanlorenzo «la soluzione sarebbe semplice». E ricorda i numeri della nautica italiana degli ultimi anni che. «Nonostante la crisi - dice Massimo Perotti - abbiamo ancora la leadership mondiale nella produzione di yacht sopra i 24 metri. Queste navi creano 120mila posti di lavoro e, grazie all’export, generano un business importante». Quindi? «Senza una legge adeguata - aggiunge - che favorisca il ritorno di queste imbarcazioni alla bandiera italiana, si vanifica tutto, si disperdono energie, vanno a farsi benedire tutti quei benefici che potrebbero aiutare l’economia del Paese. È davvero ridicolo equiparare una nave da diporto a una nave commerciale. Non è affatto casuale, infatti, che anche le commerciali battano bandiera liberiana piuttosto che panamense o altro ancora». Massimo Perotti fa i conti: «In questo modo - dice - l’Italia si lascia serenamente scippare centinaia, forse migliaia, di milioni l’anno dai concorrenti». A chi giova? «Non certo allo Stato italiano. Giova ai francesi e agli inglesi. Che sono più furbi. O più intelligenti». E la Repubblica più marinara del mondo? Sta a guardare. Al massimo organizza la periodica «caccia alle streghe», con tanto di coreografia degna di un colossal, per dare in pasto all’opinione pubblica il furbetto di turno, facendo passare la più demenziale delle equazioni: il ricco che va in barca altro non è che un evasore! «In effetti - continua Massimo Perotti - l’obiettivo non è quello di non pagare le imposte. Non entro nel merito del caso Briatore, non devo difenderlo né condannarlo. Serve una legge che semplifichi la burocrazia e che, soprattutto, mantenga il lavoro in Italia. Non credo che semplificazione sia il sinonimo di evasione. Più semplicemente è quello che dovrebbe fare un governo per aiutare l’economia di un Paese. Tutto il resto è demagogia pura. Non esiste nessun punto di contatto tra le nuove norme e la piaga dell’evasione fiscale.
E quando parlo di demagogia mi riferisco ad alcune frange della sinistra, da sempre impegnate a demonizzare il settore nautico, il quinto settore nazionale, che produce ricchezza, prestigio mondiale e assicura lavoro a 120mila persone».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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