Poliziotti spiati per 4 mesi. Corrotti? No, assonnati

nostro inviato a Rovigo
E poi dicono che la giustizia dorme. Per scoprire se i poliziotti della Squadra Volanti della questura di Rovigo schiacciavano un pisolino durante il loro turno di servizio, la procura locale non ha esitato a installare in tutte le auto del «113» microspie e localizzatori Gps, a mettere sotto controllo i telefoni degli agenti, a disporre servizi fotografici e riprese video. Quattro mesi di intercettazioni affidate ai colleghi di questura degli stessi poliziotti intercettati, per la mancanza di postazioni libere alla «sala ascolto» della procura. Un costoso dispiegamento di uomini e mezzi che ha portato alla decapitazione dell’intero ufficio di prevenzione causa l’iscrizione sul registro degli indagati di 22 agenti (dieci di questi già sospesi e messi a metà stipendio) per reati che spaziano dall’interruzione di pubblico servizio alla truffa ai danni dello Stato, fino all’abbandono del posto di lavoro. Reati che però in altre occasioni, per analoghi comportamenti, non sono stati minimamente contestati ma solo sanzionati disciplinarmente con deplorazioni, ammende, punizioni mirate a rallentare la carriera dei poliziotti pizzicati a dormire anziché a fare la guardia.
Come spesso capita anche l’inchiesta dei poliziotti addormentati nei boschi rodigini nasce da tutt’altra inchiesta, naufragata miseramente dopo alcune intercettazioni finalizzate a capire se era vero quel che raccontava uno dei venti arrestati in un’operazione antidroga su due agenti delle Volanti che intascavano 3.000 euro al mese dal titolare del bar «Tira Tardi» di Rovigo per chiudere un occhio su un giro di cocaina nel locale. I riscontri investigativi sulle divise corrotte hanno dato esito negativo, ma poiché dalle «cimici» piazzate in alcune Volanti emergevano indizi circa il letargo in cui sembravano cadere alcuni agenti di ronda notturna, il gip ha accolto l’allarmata richiesta del pm «autorizzando le operazioni di intercettazione ambientale delle vetture in servizio di volta in volta in uso» ai poliziotti sospettati non solo di fare la siesta ma di falsificare le relazioni di servizio. E così, dalle indagini sui poliziotti che chiudevano un occhio si è passati a intercettare i poliziotti che di occhi ne chiudevano due.
Leggendo attentamente le 5.352 pagine dell’inchiesta oggi si scoprono dettagli interessanti ed esilaranti. Dall’immensa mole di intercettazioni disposte nei confronti di una trentina di poliziotti emergono conversazioni «private» che forse era meglio non depositare, al pari di altre che più che rivelare un torbido tentativo di monitorare i movimenti del questore evidenziavano la poca impermeabilità delle indagini visto che alcuni agenti sott’intercettazione sembrano prendersi gioco proprio degli inquirenti che danno loro la caccia («andiamo a vedere se (...) è in quel locale per scambio di coppie (...) non vorrei fosse in giro a controllare per fregare qualcuno nel turno»).

Come se non bastasse il segretario del sindacato di polizia Coisp, Franco Maccari, ha lasciato intendere che forse molti altri poliziotti sono stati incidentalmente intercettati visto che alcune macchine «microfonate» sono poi state temporaneamente prestate ai commissariati limitrofi.

gianmarco.chiocci@ilgiornale.it

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