Poliziotti spiati? Macché... Semplicemente «sbadati»

Risolto il giallo della «cimice» trovata venerdì in Questura

Alessia Marani

Il giallo della cimice in Questura? Risolto. Nient’altro che una «dimenticanza» degli stessi agenti capitolini. Una vecchia microspia utilizzata in un’indagine del 2002 e rispuntata chissà come e chissà perché, venerdì scorso, negli uffici della Narcotici. Piazzata all’interno di una multipresa era collegata al pc in uso a un ispettore, perfettamente funzionante ma non attivata. Vale a dire - secondo le indagini affidate dalla Procura agli stessi poliziotti di via di San Vitale - nessuno avrebbe mai ascoltato senza autorizzazione gli «sbirri» all’opera nel loro «quartier generale». Poliziotti spiati? Macché, sbadati. Ne è convinto il capo della Mobile, Alberto Intini, che spiega: «Quattro anni fa la IV sezione avviò un’inchiesta su un giro di prostituzione. Decise di intercettare uno degli indagati infilando la cimice nella “ciabatta” collegata al suo computer. Quando poi, effettivamente, i nostri uomini fecero irruzione nel locale, sequestrarono il pc portando via anche la multipresa. All’epoca gli uffici della IV erano al secondo piano dove oggi è l’antidroga. È un caso che la microspia sia saltata fuori in queste circostanze».
Possibile che nessuno si sia accorto che il piccolo marchingegno mancava all’appello? «Questo sarà da accertare. Di sicuro, la microspia sotto accusa è quella dell’indagine 2002 - aggiunge Intini -. Lo conferma il doppio numero di matrice: il primo a indicare la società che l’ha prodotta, il secondo che specifica a quale ufficio e per quale fascicolo giudiziario è stata utilizzata. Allora l’hard disk del pc fu affidato alla polizia postale per gli esami del caso. La ciabatta, invece, rimase evidentemente nel nostro edificio. Una cosa tengo a precisare: i rapporti con la Procura sono ottimi. C’è piena fiducia nell’operato dei nostri uomini, il fatto che l’inchiesta sia stata delegata a noi, lo ribadisce».
Venerdì scorso, l’ispettore della Narcotici si accorge che il suo pc ha degli sbalzi di corrente, persino il display del suo cellulare s’illumina prima che la chiamata lo faccia squillare. Succede qualcosa di strano, insomma. Se stacca l’alimentazione della multipresa, però, tutto torna normale. «È stato accertato che il computer è malfunzionante per conto suo - dice ancora Intini - e l’interferenza col cellulare avveniva proprio perché, comunque, la microspia era accesa sebbene non trasmettente».
Ma tant’è bastato a far tornare la tensione alle stelle nei corridoi di San Vitale. Coincidenza vuole, infatti, che il «Mobil-gate», sia scoppiato proprio in quegli stessi uffici della Narcotici dove l’anno scorso la magistratura s’era portata via tre uomini per correità coi colleghi arrestati a Trastevere per una brutta storia di rapine e droga.

«Siamo soddisfatti per la rapida soluzione del caso - afferma Domenico Pianese, segretario nazionale del Coisp, sindacato di polizia - ma non possiamo negare che la presunta spy-story ha sprofondato di nuovo la Questura in un clima d’ombre e sospetti, in un’atmosfera resa ancora più pesante da recenti trasferimenti, apparentemente ingiustificati. Al questore chiediamo, ora, di ascoltare e tutelare i propri agenti».

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