Il Polo insiste: "Ora via tutte le deleghe"

Fini: "Siano coerenti, votino la censura individuale". Schifani: "Il viceministro faccia un passo indietro"

Il Polo insiste: "Ora via tutte le deleghe"

Roma - Galvanizzati. Così dalle parti del centrodestra, dopo la spaccatura nella Conferenza dei capigruppo al Senato, con l’Idv che costringe la maggioranza a un dibattito che non avrebbe voluto, si aspetta l’appuntamento di mercoledì prossimo. Con la speranza che il partito di Di Pietro crei seri problemi al governo, per giunta poco prima di un altro capitolo difficile, la Finanziaria. «Nella maggioranza hanno fortemente criticato, e a ragione, il comportamento di Visco», sottolinea il leader di An Gianfranco Fini, chiedendo che quanti «fino a oggi hanno stigmatizzato quel comportamento siano coerenti quando si discuterà la nostra mozione di censura individuale».

Alla fine della Conferenza, Renato Schifani spiega che «abbiamo insistito nel battere su questo tema sia perché da tempo chiediamo un dibattito sulla politica fiscale del governo, sia perché i recenti fatti riguardo all’archiviazione impongono a questo ramo del Parlamento un secondo tempo rispetto al primo della partita». Poi si sofferma sull’aspetto tecnico della questione: «Non possiamo chiedere le dimissioni di un viceministro ma chiediamo il ritiro di tutte le deleghe a Visco». Posizione motivata, per il capogruppo di Fi a palazzo Madama, dal fatto che «l’archiviazione costituisce una condanna politico-amministrativa perché i pm non hanno rilevato elementi di oggettività penale ma hanno riscontrato dei momenti di illiceità amministrativa». Insomma, visto che «non ha chiarito le indebite pressioni nei confronti del generale Speciale», ora l’auspicio è che i «fatti nuovi inducano Visco, prima ancora della seduta in Senato, alle opportune riflessioni», lo punge Schifani. «Sono sorpreso dal fatto che la maggioranza per due ore ha fatto di tutto per non discutere di questo argomento», aggiunge con una punta di malizia il presidente Udc al Senato Francesco D’Onofrio. Il quale si rallegra perché «dopo quattro mesi di attesa è finalmente venuto il momento di discutere in Aula la vicenda, che non è soltanto giudiziaria ma politico-istituzionale».

L’aria è così pesante che l’azzurro Maurizio Lupi può parlare dell’affaire Visco come dell’ennesima partita di un esecutivo che gioca al «rischiatutto», e Maurizio Gasparri (An) di «dissoluzione della maggioranza». E che dal voto del 3 ottobre l’Unione non uscirà in modo indolore è convinto anche Maurizio Ronconi: «O Visco o il governo. Se entro la prossima settimana Visco non dovesse dimettersi, il governo andrà in minoranza al Senato e dovrà trarne le conclusioni».

Resta solo da capire, continua il vicepresidente dei deputati Udc tentando di allargare la crepa, «se Visco getterà la spugna oppure se Di Pietro manterrà il punto facendo mancare il sostegno al governo». Perché da una parte il cuore vuole che Prodi vada a casa, ma dall’altra «la ragione spera che Visco non continui in questo accanimento per evitare nuovi colpi alla credibilità delle istituzioni», conclude Ronconi.

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