Costernazione, rabbia, rassegnazione. Ma anche la sensazione che le clamorose novità di questi giorni non saranno le uniche. Questi i sentimenti che vivono i fedeli polacchi allindomani delle dimissioni - sollecitate e prontamente accettate dal Papa - dellarcivescovo di Varsavia Stanislaw Wielgus, rimasto in carica il tempo record di neanche tre giorni e costretto a rinunciare dopo la pubblicazione di documenti che provano la sua collaborazione con la polizia segreta allepoca del regime comunista. Una ferita che non sarà facile rimarginare. I polacchi si dividono tra coloro che riconoscono a Roma di aver salvato la situazione chiedendo a Wielgus le dimissioni, mentre altri avrebbero preferito che il prelato rimanesse al suo posto, dato che dai documenti non emerge una collaborazione significativa né tantomeno unattività di spionaggio.
Ieri il settimanale Wprost ha pubblicato indiscrezioni relative alla presunta collaborazione con il regime di un altro vescovo, scomparso nel 1991 in un incidente dauto, ma la notizia del giorno è rappresentata dalle dimissioni - anche in questo caso prontamente accettate - del parroco della cattedrale del Wawel a Cracovia, Janusz Bielanski, amico dellex segretario di Giovanni Paolo II, il cardinale Stanislaw Dziwisz, oggi arcivescovo della stessa Cracovia. È stato lui ad accettare la rinuncia, che gli era stata presentata lo scorso 2 gennaio. Bielanski, 68 anni, da mesi era stato indicato dalla stampa come collaboratore della polizia segreta comunista. Secondo ledizione polacca di Newsweek, diversi amici e prelati dellentourage di don Dziwisz erano stati contattati e spesso costretti a collaborare con i servizi segreti dopo lelezione di Karol Wojtyla. Lo stesso Papa, quando era arcivescovo di Cracovia, era pedinato costantemente e il palazzo episcopale pullulava di microspie. Uno degli «agenti» reclutati era un sacerdote che, per un certo periodo, ha fatto persino il confessore delleroico cardinale Stefan Wyszynski. Sospetti e veleni hanno colpito un amico di vecchia data e compagno di seminario del Pontefice polacco, padre Mieczyslaw Malinksi (autore di una rara biografia intitolata Il mio amico Karol, pubblicata immediatamente dopo lelezione), così come il domenicano padre Konrad Heymo, organizzatore dei pellegrinaggi dei polacchi a Roma, anchegli ben introdotto nellentourage papale.
Limpressione, in questi giorni, è quella di una guerra combattuta senza esclusione di colpi, con vendette trasversali e nomi «bruciati» prima di una attenta e approfondita valutazione dei documenti. Il caso Wielgus si è trasformato in un pericoloso boomerang perché linteressato non ha ammesso subito la natura dei contatti avuti in gioventù con la polizia segreta. Dai documenti, reperibili per gli storici e i ricercatori allIstituto per la memoria nazionale, risulta infatti che la collaborazione cè stata, che Wielgus ha fornito analisi e giudizi sulla Chiesa, ma che non ha mai svolto unattività vera e propria di spionaggio. Come lui stesso ha affermato, nella lettera ai fedeli di tre giorni fa, «i resoconti della polizia politica di quel tempo, provenienti dallIstituto della Memoria Nazionale, parlano in gran parte di ciò che ci si è aspettato da me o mi è stato suggerito. Non dicono invece in che misura mi sono sottomesso alle loro richieste. Mostrano che ho cercato di non realizzare gli ordini suggeriti... Affermo con piena convinzione che non ho fatto delazione su nessuno e che ho cercato di non far del male a nessuno». A Wielgus è stato dunque imputato di non aver chiarito subito la situazione e soprattutto di non averla chiarita a sufficienza con i suoi superiori in Vaticano. Cè poi un «giallo» che riguarda il dossier di sessanta pagine di documenti su Wielgus, che da Varsavia sarebbe stato spedito una decina di giorni fa alla Santa Sede ma che non è mai arrivato sul tavolo del cardinale Giovanni Battista Re, Prefetto della Congregazione dei vescovi.
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