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Via Poma: smontato l’alibi di Busco

Crolla il primo alibi di Raniero Busco. È il risultato più importante della nona udienza del processo che vede alla sbarra l’ex fidanzato di Simonetta Cesaroni accusato di omicidio volontario aggravato dalla crudeltà.
L’imputato allora raccontò che il 7 agosto 1990, mentre la ragazza veniva uccisa con 29 coltellate negli uffici dell’Associazione degli Ostelli della Gioventù in via Poma, si trovava con un suo amico Simone Palombi. Quest’ultimo in aula lo ha smentito. «Quel giorno - ha detto Palombi ai giudici della III Corte d’assise - accompagnai la mia famiglia perché la sorella di mio padre, che era suora, stava per morire. Partimmo la mattina per andare al Convento di Vallecorsa, da dove ripartimmo verso le 17.30. Arrivammo a Roma verso le 19 e non ricordo se in serata andai al bar, dove c’incontravamo con la comitiva». Parlando del giorno dopo l’omicidio Palombi ha raccontato di aver saputo per radio quanto era accaduto a Simonetta. «Quel pomeriggio andai a casa di Raniero - ha spiegato -. Quando la polizia mi cercò, infatti, io ero con lui. Non ricordo se scambiammo qualche parola sul fatto: fummo insieme per poco tempo perché arrivarono subito i poliziotti. Certo, lui era addolorato».
Ora bisognerà vagliare anche il secondo alibi fornito da Busco. Qualche anno dopo, infatti, l’ex fidanzato della vittima aveva cambiato versione, sostenendo che quel 7 agosto si trovava nel garage di casa sua. Un fatto che, secondo la difesa, può essere confermato da testimoni.
Intanto ieri gli amici comuni della coppia hanno negato che il rapporto tra Simonetta e Raniero fosse burrascoso, smentendo quanto è stato più volte sostenuto dalla madre della ragazza. «Raniero non era violento o rissoso, era un ragazzo normale, come tanti, con lui si poteva parlare, ridere, scherzare», hanno sottolineato gli amici dei due. Sul banco dei testimoni è salita anche Donatella Villani, amica del cuore della Cesaroni e destinataria di alcune lettere-diario, sulle quali è stata chiamata a dare la sua personale interpretazione. Sulla prima Simonetta descriveva la sofferenza per un rapporto amoroso che a suo avviso stava andando a rotoli. «Io e Simonetta usavamo scriverci di tutto e spesso addirittura non ci davamo i nostri scritti - ha spiegato l’amica -. Venti anni fa quella relazione con Raniero a lei sembrava una cosa grossa. Col senno di una quarantenne come oggi dico che era semplicemente una storia che lei viveva più intensamente e lui meno». Ieri è stata acquisita al fascicolo del dibattimento una seconda lettera-diario indirizzata alla Villani, trovata nel portafogli di Simonetta il giorno dell’omicidio.

Tra le righe, le frasi: «Con Raniero non va molto bene, non riesco a capire il suo comportamento. Credo di essere entrata in un vicolo cieco, dove l’unico modo per stare fuori è tornare indietro». Tutte le persone ascoltate dai giudici hanno infine detto di ignorare che la vittima lavorasse anche agli Ostelli.

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