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Popstar e "padre padrone": Steve Jobs spaventa i suoi fan

Le voci della nuova malattia del fondatore della Apple provocano ondate di panico. E lui si comporta come una stella della musica o del cinema

Popstar e "padre padrone": 
Steve Jobs spaventa i suoi fan

«Appena si sparse nella Silicon Valley la voce che stavo scrivendo un libro sulla stronzaggine, un sacco di gente venne a raccontarmi storie su Steve Jobs», racconta Robert Sutton, professore universitario che del magnate della Apple ha fatto un caso di studio. Ma l’uomo d’affari Jean-Loius Gasse di Jobs preferisce osservare che «le democrazie non fanno grandi prodotti. Funziona meglio un tiranno competente». La vera natura del padre padrone della Apple è tutta compresa tra queste due definizioni. Ma nel giugno del 2006, quando Bill Gates annunciò la decisione di ritirarsi a vita privata, il titolo Microsoft decollò in Borsa. Ora, è bastato un mormorio sulla salute di Steve Jobs, e l’intero mondo Apple è stato scosso da un fremito di terrore, Borse incluse. Ma è ingiusto paragonare il re della mela morsicata all’Harry Potter del pc. Jobs naviga nell’empireo delle rockstar, assomiglia più a Bono Vox che a un geniale «nerd» come Bill Gates. Di certo preferirebbe essere accostato a John Lennon, vista la passione per i Beatles, che considera un modello di business.

Il caso L’ultimo terremoto è nato dal solito scarno ed evasivo comunicato stampa della Apple: 20 righe per annunciare che l’annuale show alla fiera Macworld 2009 sarà l’ultima per la casa di Cupertino, che «ormai ha altri canali per comunicare con i suoi clienti». Poco dopo è trapelata l’altra, e più sconvolgente notizia: per l’ultimo appuntamento sul palco dove debuttarono oggetti di culto come l’iPhone, non ci sarà Jobs, ma il vice presidente Phil Schiller. Come se Bono annunciasse che al suo prossimo concerto canterà il suo produttore. Nemmeno le voci sulla salute di Breznev o Castro hanno avuto strascichi tanto esplosivi. Nei forum degli Apple-maniaci si è scatenato il panico, il titolo è andato a picco, mentre gli analisti finanziari sparavano retroscena, ricordando il 2006, quando Jobs si presentò al Macworld col solito girocollo nero di St. Croix, jeans e sneakers, ma con l’aria emaciata e stranamente affiancato sul palco da collaboratori. Bastò a far riapparire lo spettro del cancro al pancreas per il quale il manager era stato operato nel 2004: titolo a picco finché i dubbi non furono fugati. Forse la salute di Jobs non è poi così precaria e la fuga dal palco è più legata alla mancanza di prodotti rivoluzionari da lanciare col solito, straordinario show che ne fa «il più grande venditore del mondo».

Rumors Ma è proprio l’inconsistenza dei rumors sulla sua salute a confermare come Apple, più che ogni altra azienda al mondo, sia legata alle sorti di un solo uomo. Nel 1984, quando una congiura dei soci emarginò il suo creatore, la mela divenne irrimediabilmente opaca per 11 anni, fino al suo trionfale ritorno in azienda. Chi avesse investito mille dollari su Apple il giorno in cui Jobs tornò in sella, oggi se ne troverebbe in tasca 36.000: più vincita alla roulette che investimento. Di Jobs, che ama i Beatles «per la loro capacità di essere squadra», si dice che in realtà sia un capo accentrarore e tirannico, che vuole dire la sua su tutto, dalla campagna di lancio dell’iPod ai mobili dei negozi: negli ultimi anni compare come co-inventore in 103 brevetti registrati dalla Apple, anche se in realtà è chiaro che la sua capacità visionaria, più che alla pur brillante innovazione tecnica, si applica soprattutto alla capacità di dettare le tendenze, di cogliere i desideri del tecno-consumatore e di crearne di nuovi. Ma sempre con stile.

Successo Jobs ha fondato la Apple a 21 anni. A 25 valeva 200 milioni di dollari. A 26 era sulla copertina di Time. A 29 ha comprato la Pixar da George Lucas per una manciata di milioni e (dopo cartoni come Toy Story e The Incredibles) a 51 anni l’ha rivenduta alla Disney per 7,5 miliardi. Ora che ha 53 anni, la Apple si prepara tremando alla successione a un capo tanto geniale quanto irascibile e vendicativo. Un guru del marketing buddista e vegetariano ma noto per le sfuriate in azienda, i licenziamenti in tronco, gli sfottò agli avversari per la mancanza di stile.

E ora? AAA, dittatore amante delle mele cercasi per azienda ben avviata.  

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