«Abolire il gettone di presenza in sede di commissione, si deve e si può. È un segnale di civiltà, nel rispetto di chi cerca risposte concrete dalla politica». Parola di alcuni consiglieri del municipio di Levante. Compreso uno della maggioranza di centrodestra. Ed è così che nel parlamentino di via Pinasco scoppia la bufera. Il presidente Francescantonio Carleo perde le staffe, s'infuria e abbandona l'aula consiliare, lasciando atterrite maggioranza e minoranza. Oggetto del contendere è l«abolizione del gettone di presenza», argomento inserito all'improvviso nell'ordine del giorno di lunedì sera. I consiglieri del Pd, insieme a quelli di Rifondazione comunista, di Verdi, della Nuova Stagione e al consigliere della Lista Biasotti, chiedono a gran voce, che il gettone venga cancellato e lo fanno con una nota in cui si specifica che «venga modificato l'articolo 48 ter dello statuto del Comune di Genova, che prevede per le commissioni municipali il pagamento di un gettone di presenza. Va abolito, in quanto è un costo in contrasto con la richiesta di sacrificio che si domanda ai cittadini, in questo momento di crisi. Chiediamo che la politica si uniformi a ogni livello a questa esigenza qui manifestata». Firmato: Giovanni Calisi, Giovanna Drago, Antonietta Mozzoni, Salvatore Trotta, Aldo Carpi consiglieri del Pd; Stefano Stefanacci dei Verdi; Michele Raffaelli di Nuova Stagione; Lorenzo Cantatore di Rifondazione comunista e il consigliere di maggioranza Cesare Rocca.
Tra i più agguerriti spiccano proprio questultimo, esponente della Lista Biasotti, e il capogruppo del Pd Giovanni Calisi. Ma le modalità e la fretta, non convincono l'ex comandante della caserma dei carabinieri di Nervi, che per la prima volta durante il suo mandato, alza i tacchi e se ne va, lasciando tutti di stucco. Proprio lui, l'uomo delle istituzioni prestato alla politica, che vanta nel suo curriculum buone maniere, rispetto e bon ton, tanto da essere tacciato dagli stessi consiglieri di maggioranza di essere troppo gentiluomo e di fare poche battaglie nette. Ma lunedì sera Carleo non ha esitato, e dopo l'ennesimo attacco dal «partito del no al gettone» e del populismo facile ha creato le condizioni perché venisse meno il numero legale per votare, lasciando l'aula di consiglio. Forte del sostegno della sua maggioranza - la stessa che chiedeva un rinvio, per formulare controproposte da discutere in seguito -, Carleo ha spiegato: «Ho chiesto di elaborare la proposta successivamente. Loro hanno giustamente presentato un ordine del giorno, ma lo hanno fatto all'ultimo momento. La maggioranza ha diritto di fare una controproposta. Ho chiesto di riportare in discussione l'argomento, il giorno 15. Niente. Non ci dimentichiamo che dovevamo esprimere pareri su altre argomentazioni, e non sull'abolizione del gettone. Diciamo - ha continuato Carleo - che è stato solo un pretesto, perché rompessi con la maggioranza. Se lo scordino, io non mi presto a questi giochetti che creano fratture all'interno, e non accetto questi espedienti di basso livello».
«Mai successo prima d'ora - hanno chiarito alcuni consiglieri di maggioranza -. È chiaro che abbia perso la pazienza. Il gettone di presenza è un argomento delicato, che va affrontato con un documento elaborato anche dalla maggioranza, e non votato all'improvviso alle 23.15. Il gettone non è un reddito, ma un rimborso spese di 48 euro lordi, che compensa solo in parte la nostra attività. Così facendo, se passa, significa consegnare la politica a chi ha soldi, lasciando indietro giovani volenterosi. Il rinnovo parta dall'alto e non dal basso. Noi siamo l'ultimo anello della catena, emarginati da un Comune che vuole toglierci anche il diritto di esprimere pareri».
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