Maria Vittoria Cascino
da Lavagna
Il Consiglio di Stato respinge l'appello di Cala dei Genovesi e conferma la concessione alla Porto di Lavagna Spa, gestore dell'approdo turistico. «Una sentenza che finalmente ci consentirà di lavorare» è il commento di Jack Roc Mazreku, amministratore delegato della società. Una storia trascinata nei rivoli di battaglie personali, scontri di potere e carte bollate. Una storia che sembrava risolta con la determina dirigenziale firmata da Domenico Podestà nell'agosto del 2003, che riconosceva alla Porto il subingresso nella concessione già rilasciata alla Cala nel '74. Atto che arriva dopo otto mesi di stallo sulla sorte di un approdo che conta 1600 posti barca e un futuro di sviluppo integrato con la città. Una storia che la Cala dei Genovesi, ex gestore, non digerisce. La Cala di Gianni Potenza resta al timone del porto fino al '98, anno in cui fallisce. Si arriva al concordato in cui entra in gioco la Porto, creata ad hoc per rilevare attivo e passivo di uno scalo in piena bufera. Il Ministero dà l'autorizzazione al subingresso. Nel 2002 la Consulta lannulla perché la competenza è passata ai comuni. È qui che s'inserisce Podestà. Ma la Cala non gradisce. Ricorre al Tar contro il Comune e la Porto, chiedendo l'annullamento del subingresso.
Peccato che il Tar «dichiari inammissibile il ricorso». Resta il Consiglio di Stato. La Cala si appella, martedì la sentenza che respinge l'appello. Tradotto: la Porto ha tutti requisiti per gestire l'approdo. Il discorso amministrativo è chiuso. «La Cala, a seguito della cessione di tutto l'attivo fallimentare col concordato, - recita la sentenza - non riveste una posizione capace» di ricorrere contro l'autorizzazione al subingresso a favore della Porto, perché la proprietà delle opere non può essere scissa dalla titolarità della concessione. Quindi la Porto «è legittimata a chiedere l'autorizzazione al subingresso, senza la necessità del consenso della originaria concedente».
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