Portoghesi vs controllori: guerra quotidiana sui bus

Portoghesi vs controllori: guerra quotidiana sui bus

«Allora, come si chiama?». «Ajeje». «Ajeje? Vabbè, sentiamo il cognome». «Ajeje Brazov». In tanti ricorderanno lo sketch di Aldo, Giovanni e Giacomo nel film Tre uomini e una gamba, in cui Aldo cerca di evitare la multa inventandosi delle generalità improbabili. Ebbene, lo stratagemma di fornire dati falsi ai controllori, sostenendo di avere dimenticato a casa i documenti, è uno dei trucchi prediletti dai romani per farla franca quando vengono pizzicati senza biglietto. Perché pagare 50 euro sull’unghia o più del doppio in caso di spedizione a domicilio non fa piacere a nessuno e tentare di giocarsi ogni carta possibile per impietosire o raggirare chi sta per elevare la sanzione è una strada, per quanto sbagliata e sconsigliabile, che in molti decidono di tentare.
Nella «top ten» dei metodi che si sono guadagnati la dignità di una tradizione, c’è quello di fingersi straniero, magari farfugliando qualche parola d’italiano e un paio di verbi all’infinito, prima di fornire l’indirizzo (inesistente) di una terra lontana. Anche qui la precondizione è quella di affermare di non avere il documento con sé, confidando nella poca solerzia dell’addetto che ci si trova davanti e, soprattutto, facendo leva sulle proprie qualità d’attore. C’è poi chi sceglie di improvvisare una sfuriata bella e buona, snocciolando assurdità del tipo «perché non andate a multare quelli che rubano veramente?». O, ancora peggio: «Lei lo sa che il suo stipendio viene pagato con i miei soldi?».
I romani comunque, se proprio devono provarci, non hanno paura di spararla grossa, finendo per assomigliare a quegli studenti che arrivano impreparati all’interrogazione e, pur di non prendere un brutto voto, la buttano sul patetico. I blog e i forum abbondano di aneddoti irresistibili ma, come si dice in questi casi, assolutamente da non imitare: c’è chi si vanta di essersi messo a piangere, raccontando di essere diretto da un parente in fin di vita; chi ha inscenato ricerche forsennate nelle tasche di giacca, camicia, jeans, giubbotto e zaino giurando e spergiurando di avere timbrato il biglietto e di averlo perso; chi ha esibito una banconota da 100 euro, millantando di non avere spicci con sé e di non avere trovato nessun commerciante disposto a cambiarla per acquistare un «misero» Bit. In quanto a sfacciataggine, inoltre, gli studenti sono dei campioni assoluti, perché c’è sempre un compito in classe che li aspetta, oppure «se faccio tardi mia madre mi ammazza» oppure una fidanzata insensibile che ha scelto di lasciarli proprio quel giorno, «quindi, la prego, non ci si metta pure lei con la multa». E persino la tecnologia recita il suo ruolo per buggerare i pochi (a quanto pare) controllori che si vedono in giro per Roma: qualcuno assicura di averla fatta franca dicendo di avere acquistato via sms il tagliando, ma di non avere ricevuto alcuna notifica da parte dell’Atac.


Insomma, le alternative non mancano, inclusa l’extrema ratio di oltrepassare i limiti della spudoratezza e rispondere come l’impareggiabile Ajeje Brazov: «Io neanche ci volevo salire sul tram, mi ci hanno tirato su con la forza!».

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