Il posto fisso è un’illusione Ma non per gli stranieri

RomaNon hanno una famiglia solida che li sostiene da vicino, si adattano a lavori spesso umili. Non importano gli orari e il tipo di mansione. Basta che sia vicino a casa. Ma il lavoro per loro è fisso, il contratto è molto frequentemente a tempo indeterminato. Gli stranieri in Italia sono meno disoccupati degli italiani.
C’è una schiera di giovani lavoratori, circa 360mila ragazzi, che il posto garantito ce l’ha. È questo in fondo ciò che vogliono, arrivano per trovare un lavoro, quello che sia. Hanno una percentuale più alta di assunti con contratti regolari. Rispetto agli under 30 italiani impiegano almeno cinque mesi di meno a trovare un posto. Altro che co-co-co e flessibilità del lavoro. Lo straniero in Italia spesso vuole piantare radici e punta a un’occupazione sicura. È il sorprendente risultato di uno studio condotto dalla Fondazione Leone Moressa sugli ultimi dati Istat Rcfl: uno straniero su due sotto i trent’anni è occupato, mentre il posto di lavoro è appannaggio solo di un ragazzo su tre con nazionalità italiana. Se gli under 30 comunitari ed extracomunitari nel paese sono 455mila, a fronte di 95mila disoccupati, 360mila hanno uno stipendio.
Lo studio prende in esame la fascia di età compresa tra i 15 e i 30 anni, e questo può contribuire ad innalzare il tasso di occupazione degli stranieri nella ricerca. Ma la differenza di percentuali è molto alta, e non è giustificabile solo con l’attitudine lavorativa degli extracomunitari fin da giovanissimi: il 44,5% degli stranieri minori di trent’anni che si trovano in Italia è occupato, contro il 32,5 degli italiani.
In alcune regioni in particolare la differenza è più marcata: in Campania hanno un lavoro il 45,6% dei ragazzi stranieri contro il 18,6% dei coetanei italiani; in Sicilia lavorano il 21% degli under 30 italiani, mentre gli stranieri sono il doppio (40,5%). I livelli di occupazione sono più simili nelle regioni del Nord: 42,4 e 43% in Lombardia; 48,4% e 42,1% in Piemonte. Nell’Italia centrale il tasso di occupazione degli stranieri è sempre al di sopra del 40% contro il 30-40 degli italiani, con la punta dell’Umbria, dove oltre il 57% dei giovani stranieri lavora (il 40,6% tra gli italiani). Al Nord il tasso di disoccupazione è invece più alto tra i giovani stranieri, ma le percentuali si invertono di nuovo al Sud, con casi limite come la Basilicata, dove solo il 9% dei non italiani non ha un lavoro, a differenza del 29,9% degli italiani, uno su tre, a casa.
Nelle tipologie di contratto, i comunitari o extracomunitari come detto battono gli italiani sul posto fisso. Tra chi lavora, quasi il 64% degli stranieri è assunto a tempo indeterminato, contro il 53,3% degli italiani: dieci punti di differenza percentuale. Sono assunti con contratti cosiddetti atipici il 33,4% degli italiani, contro il 26,6% di chi arriva da fuori confine.
Gli stranieri sono mediamente pagati di meno, la differenza però non è altissima: 939 euro netti contro i 1.009 degli italiani. Ma oltre l’80% dei giovani non italiani si presta a lavorare come operaio, percentuale che si dimezza invece per i ragazzi nati nello Stivale.
Il tasso di scolarizzazione è spesso più basso tra i non italiani: il 48,3% ha al massimo la licenza di terza media, e quasi il 30% ricopre professioni non qualificate, percentuale che crolla al 6,6% tra gli italiani.
Gli stranieri si accontentano di più, lavoro significa soprattutto permesso di soggiorno: il 36% dei giovani non italiani è sottoinquadrato, quota che negli italiani scende al 27,7%. Ma è soprattutto l’adattabilità a rendere uno straniero più cercato da un certo tipo di mercato del lavoro. Lo studio calcola che circa la metà degli occupati forestieri ha lavorato «almeno una volta tra notte, sera, sabato o domenica».

Insomma, gli stranieri, conclude la ricerca, continuano spesso a soddisfare «una domanda di lavoro dal basso profilo che continua a essere espressa dal sistema produttivo, economico e sociale». Quasi un terzo dei giovani stranieri con un posto di lavoro assicurato (spesso fisso) sono rumeni, seguiti da albanesi (16,6%), marocchini (6,1%) e moldavi (3,5%).

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