Poteri forti del 2012: chi sale e chi scende

Chi conterà davvero nel 2012 in Italia? Come sono cambiati gli ingredienti del potere nel grande minestrone economico, altro che zuppa, tricolore?

Poteri forti del 2012: chi sale e chi scende

Chi conterà davvero nel 2012 in Italia? Come sono cambiati gli ingredienti del potere nel grande minestrone economico, altro che zuppa, tricolore?

1. Banchieri. Se gli editori di carta stampata ri­schiano di fare la fine dei produttori di carrozze alla fine dell’800,non meglio va ai grandi banchieri italia­ni. La figura del banchiere che ci troveremo l’anno prossimo sarà molto meno centrale. Mai come oggi si trovano con il motore imballato e sottomessi ai «tecnici» della politica. Per un motivo molto sempli­ce: la materia prima con cui costruiscono i loro affa­ri, cioè i quattrini, è arrivata a costare cifre da capogi­ro. E i clienti, cioè le imprese, non hanno alcuna vo­g­lia e possibilità di comprare questa preziosa merce a valori esorbitanti. Ghizzoni (Unicredit) e Cucchia­ni ( Intesa)dovranno gestire un’industria in difficol­tà e per di più decidere come licenziare (o dite pure come vi pare) migliaia di esuberi. Anno difficile per loro.

2 . Regolatori. Oggi il pallino è in mano a chi fa le regole. Un grigio funzionario di un’authority euro­pea sulle banche come l’Eba ha determinato con le sue regolette patrimoniali il crollo dei mercati del de­bito pubblico e il colpo finale a Berlusconi. C’è volu­to un funzionario pubblico decisamente meno grigio, come Mario Draghi, per ristabilire un po’ d’ordine attraverso complicati meccanismi finanziari che hanno ridato ossigeno al sistema. Anche la Consob sta dando l’impressione di non voler chiudere più un occhio negli affari gne gne della borsa de noantri.

3 . Politici. Il loro peso si è ridotto di molto, ma non a beneficio del mercato. A vantaggio delle strutture burocratiche governative. I ministri più che tecnici sono alti burocrati che dominano la macchina am­ministrativa senza più mediazioni. In debito di ossigeno di pari passo l’antagonismo politico, che in mancanza di materia prima (e cioè Silvio Berlusco­ni) si sta affrettando a trovare un nuovo bersaglio. La previsione è facile: Corrado Passera sarà l’oggetto della passione giustizialista. Ministro dello sviluppo a cui non si perdona il suo sviluppo professionale.

4 . Grandi imprese. La fascia di manager ereditata dalla prima repubblica e coccolata dalla gestione Cav-Letta deve riprendere da capo a tessere la tela delle alleanze. L’effetto Finmeccanica si estenderà alle grandi ex partecipazioni pubbliche. Su tutte la questione Marchionne. Legata alla successione in Confindustria. Una vittoria del meccanico Bombas­sei potrebbe riaprire la partita. Da guardare con at­tenzione come finirà la battaglia per il controllo di Impregilo dove si scontrano i romani Salini e i pie­montesi Gavio. Chi vince Impregilo rischia di portar­si a casa un bel po’ di commesse di Stato, che il gover­no vuole assolutamente sbloccare. Anche se un com­promesso sarà possibile sulle autostrade. Deboli le banche, su altre faccende occupata Mediobanca, il numero uno di Telecom, Franco Bernabè, dovrà oc­cuparsi sia degli assetti interni che di possibili imbo­scate forestiere.

5. Immobiliaristi. Anno duro per loro. Non gira­no quattrini, e questo vale per tutti. Il governo ci ha messo del suo per deprimere il mercato. E a Milano il nuovo Pgt rischia di bloccare tutto. A ciò si aggiunge il declino dell’impero Ligresti (altra grana per Me­diobanca) e il cinico gioco a spartirsi le spoglie. Dalle parti del Duomo si dice già che a fare il primo colpac­cio sia stata la manina esperta di Francesco Micheli, che non perde mai un giro. Caltagirone è ben più soli­do, ma ha i suoi grattacapi in Mps (un’altra grana per Mediobanca). Una banca che oltre ad aver polveriz­zato il suo valore rischia di essere consegnata ad un gruppo più solido. A trovarne.

6 . Francesi. Hanno sempre giocato un ruolo im­portante nella finanza italiana. Ma oggi rischiano di perdere peso. Passera ha bloccato le loro ambizioni in Edison, e d’altra parte il rischio socialista e antinu­cleare che hanno in casa li obbliga a chiudere in Ita­lia a qualsiasi prezzo. Sono più complicati i loro rap­porti in Mediobanca e in Generali sembra che non tocchino più palla. Si sono portati a casa Parmalat e Bulgari, in fondo c’è poco d’altro che valga la pena comprare, e comunque non hanno più la forza degli anni passati. Anche le loro banche e assicurazioni so­no nel pantano.

7 . Il club di Berlino. Non sono tedeschi, ma uomi­ni­ celebri della nostra imprenditoria come Monteze­molo, Della Valle, Abete, Regina e via dicendo. A par­te Della Valle che continua a macinare utili come bruscolini, il piatto per loro è diventato, con l’arrivo dei prof al governo, più magro.

Non hanno ancora deciso con chi stare in Confindustria, ma hanno già subito una botta da Passera (sì, sempre lui) sui treni a cui tengono particolarmente. Sono in lite con il Cor­rierone dei professori e hanno sfidato Guido Rossi, il vero potere forte della finanza italiana.

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