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«Potevo lasciare il Milan soltanto per questo Real»

nostro inviato a Madrid

«Kakà està con nos ostros». L'urlo di Florentino Perez ha infiammato Madrid alle 8 e 30 della noche. Alla fine ce l'hanno fatta. E per celebrare la conquista hanno esposto in vetrina sul palco dedicato al grande evento tutta l'argenteria della casa blanca, le nove coppe dei Campioni che han preso a luccicare ieri sera sotto il cielo di Madrid. Ce l'hanno fatta, quelli del Real Madrid. «Ho detto subito a tutti, Ancelotti compreso che mi voleva al Chelsea, che se avessi lasciato il Milan, lo avrei fatto solo per il Real Madrid» la sua prima confessione. Ce l'hanno fatta dopo un inseguimento durato almeno quattro anni lunghissimi. L'hanno adorato, l'hanno corteggiato come una bella donna, gli hanno promesso stipendi da mille e una notte, senza riuscire a schiodarlo da Milano e da Milanello, da Berlusconi e Ancelotti. «Con Calderon merda, con Florentino Kakà», lo striscione didascalico esposto al Bernabeu. È andata proprio così. Hanno dovuto attendere il ritorno di Florentino Perez al timone dello squadrone blanco e la scelta del Milan di rimettere in sesto il bilancio per strapparlo al suo popolo in lutto stretto. Perciò ieri sono arrivati sul far della sera al Santiago Bernabeu: erano diecimila, all'inizio, poi sono diventati ventimila, si sono moltiplicati prima che scendesse la notte, trentamila forse anche di più, 40-50 mila alla fine quando il nuovo re di Madrid è arrivato sul palco vestito di bianco e con la camiseta numero 8 sulle spalle. Il primo dono è stato per un bambino estratto a sorte tra i 50mila in adorazione.
Ce l'hanno fatta, allora. Perciò hanno allestito per Kakà l'accoglienza degna di un capo di Stato, un re atteso come il messia di un club caduto in disgrazia e in attesa del suo profeta per tornare a dominare l'Europa e il mondo. «Voglio contribuire a battere il Barcellona» è stato il suo grido di guerra. Kakà è arrivato di primo mattino, cinquecento i giornalisti che lo hanno pedinato per tutta la città, durante le visite mediche, il breve tour al centro sportivo di Valdebebas. «Provo un grande orgoglio, sento una responsabilità positiva» le sue parole dedicate alla marea dello stadio. Kakà, da romanticone, ha concesso lo spazio meritato anche ai due cronisti di Telelombardia arrivati da Milano per testimoniargli l'affetto immutato dei tifosi del Milan. «Mi resteranno nel cuore» è stata la sua chiosa, persino un po' commossa. Sinceramente commossa, viene da aggiungere.
Florentino Perez ha scelto una scenografia da premio oscar. Se l'è disegnata su misura. Sullo sfondo del palco le quattro foto simboliche del Real di tutti i tempi (Di Stefano, Zidane, Juanito e Raul), in sottofondo la colonna sonora affidata a Pavarotti col suo «vincerò». Da un lato le coppe, dall'altro, schierata la giunta del club, tutti i suoi grandi elettori. Kakà si è fatto scortare dal solito plotoncino di fedelissimi: il papà Bosco, l'uomo della cassaforte che cura contratti e investimenti con alterne fortune, e un paio di italianuzzi, tutti impettiti, quasi fosse merito loro questo trasferimento storico che ha riportato il Real al centro del mondo. «È arrivato il giorno indimenticabile» il titolo più replicato sui quotidiani della capitale spagnola. Qui la crisi economica ha lasciato il segno ma i lussi e gli eccessi di Perez e del suo nuovo Real hanno fatto dimenticare per qualche ora gli affanni e i tormenti. Sono arrivati in quarantamila, forse anche di più, e sono tutti ragazzi, giovanissimi, molti vestiti con l'ultima maglia di Kakà, quella milanista, targata 22, con cui ha realizzato 95 gol e storiche prodezze. Dietro i ragazzi i volti storici del madridismo, don Alfredo Di Stefano per esempio, e poi molti politici. Tutti in delirio quando è arrivata sul mega-schermo la firma diretta del contratto. «Non so se la cifra pagata è esagerata o no» si è difeso Kakà più tardi.
Prima di mettere piede nello stadio e nella sua nuova avventura, Kakà ha guardato per l'ultima volta verso il suo magnifico passato. «Il Milan fa parte della mia storia e io faccio parte della storia del Milan» la sua frase simbolo. Impossibile dimenticare. «A gennaio per la prima volta ho capito che la società voleva cedermi. Con i tifosi rossoneri ci sarà sempre un grande rapporto, io tiferò sempre Milan» il suo giuramento davanti a telecamere e taccuini. Solo a quel punto, è riuscito a entrare nella nuova dimensione e partecipare in qualche modo alla consacrazione popolare di Florentino Perez che è stato il secondo personaggio della serata. Davanti Kakà, appena defilato il suo presidente che è riuscito a farsi consegnare da un paio di banche una cifra ingente per arruolare prima Kakà e poi Cristiano Ronaldo. «Non avrò rivalità col portoghese» ha garantito Riccardino. E non è finita qui. Perché altre «stelle» di prima grandezza stanno per arrivare. Xabi Alonso, per esempio. Sciolta l'ultima riserva: Kakà ha preso il numero 8. «Sarà all'altezza di Di Stefano» la scommessa di Perez. Non gli peserà. «Per un grande Real il talento non basta» ha ripetuto alla fine Kakà.

Chissà se Perez gli ha dato ascolto.

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