«Povera musica, ignorata dalla tv»

da Roma

«Col cavolo che ci torno in tv. A queste condizioni mai. Solo se mi fanno mettere il video di Ella Fitzgerald, l’altra volta me lo hanno segato». Sarà pure versatile, Renzo Arbore, è uno showman, ha fatto la storia della radio, è stato regista e bravo conduttore televisivo. Ma solo se lo chiami musicista lo fai felice. Lui che nei Settanta osò lanciare «l’altra musica» (Beatles, Stones, Yarbirds, Battisti, sì proprio lui) quando da noi dominavano Rita Pavone e Claudio Villa. E nel giorno della presentazione della monografia Arbore, ovvero quello della musica, edizioni Raro Libri - tesi di laurea riadattata dall’impallinato Claudio Cavallaro - gli tocca vestirsi da difensore della musica, fatta a pezzi dai media e plastificata dall’Ipod. La nutrita platea, dove persino Mario Marenco fatica a trovar posto e cartella stampa, attende perle di saggezza, non verrà deluso.
«In Italia la musica è guardata con sospetto - attacca - la tv la ignora. Siamo schiavi dei numeri, ci comandano senza essere Dio». Non si salva nessuno. «Pensano alla tiratura, al botteghino, all’audience, così si sdogana la spazzatura. C’è poco spazio sui giornali, sarebbe bello dare consigli sulle cose buone da ascoltare ma sembra vietato». E invece eccole che arrivano le dritte tanto attese nell’era delle play-list, delle enciclopedie sui cento, mille dischi da salvare. «La Fitzgerald? La più grande invenzione del Novecento col telegrafo. Murolo? Ha rivoluzionato col suo incedere salottiero la canzone napoletana». La Puglia è nella carta d’identità, Napoli è però nel cuore. «Hanno tentato di affossarla in tutti i modi la canzone napoletana. Se non fosse stato per me si sarebbe estinta». Dulcis in fundo Sanremo. «Mi hanno offerto più volte la conduzione, ma dicevo “piuttosto canto”. Quando proposi Il Clarinetto diventarono rossi, poi arrivò secondo...». Arrossisce anche lui quando gli ricordano che Dario Salvatori scrive nella sua enciclopedia che venne volutamente scalzato dalla prima piazza. E il libro? Dentro c’è l’Arbore musicofilo.

Nessun accenno alla (bella) vita privata e poche righe sui felici anni della radio. Ci sono però i testi delle canzoni, anche i più pericolosi (Spadolini nella giungla). Magnifiche le foto di un’era in bianco e nero. Irripetibile.

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