da Milano
Bello, giovane e forte. Filippo Pozzato dopo anni da «enfant prodige» è chiamato al salto di qualità. Da giovane promessa, capace di vincere corse che valgono una carriera come la Sanremo un anno fa, adesso veste ufficialmente i panni del leader sul quale puntare e scommettere senza tanti indugi. Il primo a crederci è lui, che ha deciso di mettersi in gioco: «Dopo anni al servizio degli altri, dove di tanto in tanto mi ritagliavo il mio spazio, a 26 anni ho deciso di assumermi tutte le responsabilità del caso. Basta tentennamenti, adesso tocca a me...».
Lo dice chiaro e forte, e lha ripetuto anche ieri sera a Milano in occasione della presentazione alla stampa della nuova Liquigas, la squadra di Danilo Di Luca, Luca Paolini, ma soprattutto di Filippo Pozzato, stella nascente di un ciclismo affamato di personaggi dal volto che piace, non solo a chi il ciclismo ce lha nel cuore. È lora di Filippo Pozzato, e lui, che sogna vittorie e colleziona orologi preziosi, ha già patteggiato con Paolo Zani e Paolo Dal Lago, presidente e direttore generale di Liquigas, i premi vittoria. «Un anno fa feci una scommessa con Luca Paolini: se vinco la Sanremo ti regalo un orologio in oro bianco. Questanno se porto a casa qualcosa di pesante, lorologio dovranno regalarlo loro a me. Ma sarò io a scegliere...».
Pozzato è un tipo di parola, soprattutto uno che ama parlare, raccontarsi, senza tanti giri di parole. Ma è soprattutto di parola nel senso che non tradisce: se dice una cosa quella è. Lha fatto con Tom Boonen a Sanremo, si è ripetuto con Paolo Bettini al mondiale di Salisburgo. Due giornate da ricordare, due azioni da urlo. Pozzato, da che urlo ricominciamo? Da quello di gioia di Sanremo o dal «vai adesso» che ha spedito Bettini verso il Mondiale? «Dallultimo che resta un ricordo fresco e bello. Con la speranza di poterne fare un altro, questa volta tutto per me». Vincitore e splendida spalla: nel 2006 ha dimostrato di essere capace di fare tutto. «Credo di aver dimostrato di possedere grandi doti di affidabilità in tutti i sensi. Sono un uomo squadra, ma ora spero che quello che ho fatto diventi un credito per giocarmi in futuro qualche chance iridata».
Nato alla Mapei di Batoli e Museeuw, cresciuto alla Fassa Bortolo di Petacchi e Basso, formato alla Quick Step di Bettini e Boonen, adesso finalmente alla Liquigas di Di Luca e... «E Pozzato. Spero proprio di diventare un punto di riferimento per tutti nelle classiche di un giorno. È una bella responsabilità, ma mi dà anche tanto morale». Sa che dovrà fare i conti anche con un certo Paolo Bettini, ex compagno di squadra e campione del mondo in carica? «Certo che lo so e questo è uno stimolo in più. Siamo amici, ci sentiamo e ci frequentiamo anche al di là della bici. Da questanno siamo avversari, ma lamicizia resta». Avverte la considerazione del gruppo? «Ho avuto una grande fortuna. A soli 19 anni sono passato professionista, senza fare la trafila tra i dilettanti, perché considerato un talento. Io sono sempre stato considerato. Ho anche faticato un po a entrare nel ruolo, ma oggi sono un Pozzato diverso, e anche il gruppo mi considera per quello che sono: il futuro del ciclismo mondiale. Il complimento più bello? Me lha fatto Paolo Bettini, dopo il mondiale di Salisburgo.
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