Prandelli ci prova: «Non siamo i più forti ma niente sudditanza»

Kiev Vediamo se la gazzella si rivolta ancora contro il leone. Tutte le mattine la gazzella si sveglia nella foresta e sa che, per sopravvivere, deve correre più veloce del leone. Questa volta, qui a Kiev, trasferita nel calcio la metafora della natura, può accadere anche il contrario. E cioè che sia l’Italia, la gazzella, a fare la partita e dettare la fuga al leone inglese che ha qualche complesso di inferiorità da smaltire. La spiegazione del clamoroso ribaltone genetico è piuttosto semplice e passa attraverso i risulti recenti collezionati dagli inglesi. La loro nazionale di calcio non fa molta strada nei tornei che contano, europeo e mondiale, da una vita. Persa nella notte dei tempi, l’episodica giornata di gloria: mondiali del ’66, organizzati e giocati in casa, con un famoso gol fantasma, tra l’altro. I precedenti con l’Italia, non tantissimi in verità, sono di segno sfavorevole: persa la finale per il terzo posto a Bari nel ’90, la sfida all’europeo dell’80 decisa a Torino da un sigillo di Tardelli, l’ultimo in ordine di tempo, l’amichevole datata 2002 persa a Leeds (due gol di Montella). Questa nuova Inghilterra sgabbiata ai quarti di finale ha cambiato pelle oltre che mentalità e stile di gioco. Allevata al rigore tattico di Fabio Capello e poi affidata, nell’ultimo mese, all’astuto Roy Hodgson, difensivista di lungo corso, è un blocco unico di cemento armato costituito da due linee di quattro che si muovono come una legione romana ai bei tempi andati. Didascalica a tal proposito la descrizione che ne ha dato Prandelli («giocano in 38-39 metri» sostiene) molti compatti, quindi, in sincronismo perfetto. Sono abituati a difendersi anche in 6, a volte in 7 dietro la linea della palla e si lanciano a velocità supersonica sui binari laterali per mettere in azione il loro cecchino preferito, Rooney, un cuneo infilato nell’area di rigore altrui. 29 gol in 74 presenze le sue cifre, da solo ha staccato il totale (23 gol) collezionato dagli attaccanti italiani. È il primo problema da risolvere: come fare per limitarne l’azione? «Dobbiamo difendere tutti e quattro e con tutta la squadra se serve» la risposta di Barzagli, che è poi una gaffe in diretta visto che Prandelli per una volta ha provato a fare il misterioso con Hodgson sulle scelte, tutte decise da tempo (un solo dubbio, legato all’efficienza fisica, Montolivo in pole position dinanzi a Thiago Motta).
Allora non conta chi sia davvero la gazzella e chi il leone. Conta chi ha voglia di giocare al calcio bene e di assumersene i rischi. «Ha ragione Buffon, non siamo i più forti eppure manca poco a questa squadra per fare il salto di qualità» la convinzione del Ct diventato il collante di questi ultimi giorni. Con l’auto-stima provocata dalla qualificazione può nascere anche una magia speciale, una sorta di circolo virtuoso che moltiplica i pregi e diminuisce i difetti. Ci sono esempi recenti che fanno scuola anche in campionato: la Juve di Antonio Conte, per esempio. Manca un successo prestigioso del genere, su un rivale storico molto quotato, che pensa di rubare lo spartito al calcio italianista, per trasformare la mezza Italia di Poznan in una Nazionale dal futuro sorprendente. La strada da battere è quella indicata da Prandelli, con una precisione che sa di studio scientifico applicato alla preparazione della sfida. «Bisogna rubare i tempi di gioco, stare in partita senza distrazioni da cima a fondo, giocare senza sudditanza e infine correre meglio per distribuire la fatica» ecco lo spartito preparato per l’occasione. Che vuol dire ripetere l’ora di gioco allestita contro la Croazia, per dare un riferimento temporale più vicino.
Naturalmente possono risultare decisivi Balotelli e Cassano, imprevedibili come sono anche a loro stessi oltre che ai rivali: Terry e Lescott, palla a terra, non sono dei fenomeni. Eppure il duello che incanta più degli altri è quello destinato alle coppie di centrocampo. Scontato che le ganasce di Gerrard e Parker verranno applicate a Pirlo, l’ispiratore di ogni geometria azzurra.

Perciò potrebbe risultare utile dirottare il decisivo architetto, come fece già Allegri, su un lato lasciando a De Rossi il compito di proteggere meglio la difesa rimasta senza Chiellini. Vediamo se la gazzella si rivolta ancora contro il leone.

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