La scena di martedì notte, nella sala stampa di Firenze, è di quelle da consegnare alla piccola storia del nostro calcio nazionale. Cesare Prandelli è stato accolto da un applauso dei cronisti fiorentini che lo aspettavano, concluso il giro tra le sette chiese televisive. Forse non è servita ad eliminare l'amarezza accumulata per la beffarda eliminazione, ma ne ha mitigato certo la portata, segnalando come anche dalle nostre parti sia possibile premiare l'impegno, il bel gioco e magari anche la jella. Sì, diciamola tutta: senza Ovrebo, il Bayern sarebbe a casa e la Viola ai quarti di finale.
Quella scena di martedì notte non ha però modificato lo stato reale del rapporto tra Prandelli e la Fiorentina. O meglio, per essere più precisi, tra il tecnico e il ds Pantaleo Corvino. I due hanno dissimulato con abilità tutti i contrasti che pure ci sono stati nel corso degli anni. L'ultimo, il più brutale di tutti è legato all'acquisizione di Cassano che avrebbe potuto e dovuto rimpiazzare in squadra lo squalificato Mutu. Perciò a poche ore dall'ingiusto verdetto, Corvino ha ripetuto quel che molti hanno capito. E cioè che «Prandelli deve ripetere di credere nel progetto» dopo aver ricordato «che è legato a un contratto in sacadenza nel 2011».
La verità è che anche Prandelli, sotto sotto, considera chiuso il suo ciclo fiorentino. E non perchè non abbia fiducia nei Della Valle ma perchè più in alto di così la sua Fiorentina non può arrivare e che dopo qualificazione in Champions si può solo indietreggiare. Non solo. Il suo futuro sarà deciso al culmine di un incontro e di un accordo tra la famiglia dei suoi azionisti, Diego Della Valle, e il fratello del presidente federale, Luigi Abete. I due sono uniti da fraterna amicizia.
A maggio sarà tutto deciso. Appuntamento a quella data per vedere se le nostre previsioni sono state esatte oppure no.
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