da Roma
Irriducibili. Incontentabili. Idealisti. Nonostante la ritrovata fermezza del premier Prodi che ha bollato come «estemporanee» tutte le proposte di riforma di tassazione delle rendite finanziarie, la sinistra radicale non ferma il suo impeto. E si scaglia anche contro la Confindustria di Montezemolo dichiaratosi indisponibile «a pagare un euro di tasse in più». Certo, lo slogan della lotta non è più «Vogliamo tutto» come nel 68, ma un più prosaico «Anche i ricchi piangano».
Nessuno allinterno della nascente Cosa rossa ha abbassato la testa dinanzi ai diktat prodiani. Anzi, è accaduto il contrario. Il capogruppo del Prc al Senato, Giovanni Russo Spena, ha rilanciato minacciando nuovamente la crisi di governo. «Si corre il rischio di far cadere la maggioranza su qualsiasi provvedimento in qualsiasi momento», ha detto rivolgendosi al presidente del Consiglio invitandolo a «tener conto di questo quando bacchetta ministri e sottosegretari».
Insomma, una presa di posizione a favore del sottosegretario Grandi che aveva rilanciato lipotesi dellaliquota al 20 per cento. «Da una parte - ha aggiunto Russo Spena - unificare laliquota al 20% vuol dire adeguare i nostri parametri a quelli europei. Dallaltra, limpegno è contenuto in un ddl del governo discusso in commissione Finanze e approvato dalla maggioranza».
Il leitmotiv della sinistra radicale è sempre lo stesso: si tratta di un impegno contenuto nel programma dellUnione, stralciato allultimo momento dal ddl delega e ribadito nella risoluzione di maggioranza sul Dpef al Senato. Con lo stesso ragionamento uno dei leader di Sd, Cesare Salvi, ha difeso il collega di partito. «La questione - ha dichiarato - non è affatto chiusa. Grandi confermava quanto la maggioranza ha deciso con voto parlamentare. E poi non è vero che la misura comporti un aumento delle tasse».
In effetti, il gettito atteso dallarmonizzazione è alquanto esiguo (la relazione tecnica prevedeva 1,1 miliardi nel 2007 e 2 miliardi nel 2008, ndr) ed è proprio per questo motivo che la sinistra ne fa un punto donore di quel che il comunista Rizzo ha chiamato «processo di redistribuzione sociale». Chi orbita in area Pd, come il ministro dellIstruzione Fioroni, ha liquidato la vicenda come un sintomo della «sindrome autolesionista» del centrosinistra, sempre pronto a dilapidare il consenso di cui ancora dispone parlando di tasse. Su questo punto ha insistito il presidente della Camera Bertinotti, secondo il quale la stangata può funzionare elettoralmente solo se «contemporaneamente si opererà una redistribuzione della ricchezza».
Eppure, non tutti nel nascente Pd sembrano pensarla allo stesso modo. Come la candidata alla segreteria e ministro della Famiglia, Rosy Bindi. «È un punto che non va negato anche perché ci porta in Europa. Non è però un tema sul quale porre un aut aut dagosto», ha sottolineato. E che dire del ds Luciano Violante? «Il lavoratore più povero dItalia paga di più del finanziere più ricco», ha rilevato in una riflessione sulle condizioni delle classi proletarie.
Per Prodi gli ultimi giorni di vacanza non saranno tranquilli. Il vertice di mercoledì prossimo sulla Finanziaria si preannuncia burrascoso e il metodo del «decido io per tutti» anche in questo caso sembra non funzionare. Da un lato gli imprenditori sono sul piede di guerra, dallaltro la sinistra è risentita con il premier e con Viale dellAstronomia. «Bisognerebbe reagire allirresponsabilità di Confindustria seguendo il programma», ha ripetuto il sottosegretario allo sviluppo, Alfonso Gianni (Prc), unendosi a Russo Spena nel definire il leader degli imprenditori «il capo dellantipolitica».
«Nessuna lezione da Montezemolo», gli ha fatto eco la capogruppo Pdci al Senato, Manuela Palermi, convinta che «il grande evasore sono le imprese, in particolare la Fiat». Parole in stile anni 70, pronunciate 40 anni dopo.
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