Roma

Precari in Campidoglio, cifre record

Massimo Malpica

Un’Unione un po’ troppo precaria, quella guidata da Romano Prodi, che non convince troppo nemmeno la propria ala sinistra. E così, mentre il Professore bolognese ripete in tv e sui giornali come un mantra il suo «metteremo fine al precariato», le Rappresentanze sindacali di base, organizzazione vicina alla sinistra radicale e movimentista della coalizione, manifestano le proprie perplessità di fronte alla Prefettura, non per caso a due passi da piazza Santi Apostoli, dove c’è la sede del cartello elettorale che unisce Udeur e Rifondazione, passando per i Ds.
Perplessità motivate, in vista della chiamata alle urne ormai prossima. Perché al di là delle chiacchiere e di alcuni vaghi accenni nel programma dell’Unione, le strategie occupazionali dei laboratori di governo delle sinistre non paiono proprio un trionfo di tutele e certezze per i lavoratori. A dirlo sono, appunto, gli stessi sindacati di base, che nel sit-in romano di ieri mattina hanno voluto rimarcare le cifre della situazione sia nella Regione Lazio amministrata da Piero Marrazzo che, soprattutto, nell’amministrazione capitolina, che pure per il centrosinistra è una specie di totem da idolatrare, un modello di governo-locomotiva da applicare a livello nazionale e, per ora, da utilizzare come propaganda su manifesti e volantini.
Ebbene, la responsabile nazionale Rdb pubblico impiego, Paola Calmieri, ieri ha voluto consegnare un dossier sul tema dei precari nella pubblica amministrazione ai leader dell’Unione, ricordando tra l’altro le preoccupanti cifre della capitale, «dove sono precari il 12,1% di tutti i dipendenti pubblici».
Un dato, questo, che sorprendentemente è anche più vistoso limitando l’analisi al solo Campidoglio. Ben 5mila dei 31mila dipendenti del Comune di Roma ingrossano infatti le fila dei precari, e con l’amministrazione di Veltroni anche «lavoratori con funzioni importanti - prosegue la Calmieri - come gli assistenti sociali, vengono assunti con contratto interinale».
L’appuntamento di ieri, d’altronde, faceva seguito alla «vertenza» già avviata con la Regione, e sfociata nell’assemblea organizzata due giorni fa nella sala Tirreno della Regione, incontro «al profumo francese», per darne la definizione scelta nel proprio comunicato dalla Rdb, che sotto elezioni alza il tono delle proprie rivendicazioni. «Da questa assemblea - ha ricordato giovedì Elisabetta Callari di Rdb precari - può nascere una protesta analoga a quella francese se non riusciamo ad avere risposte concrete dalla Regione: vogliamo la regolarizzazione degli Lsu, la fine della precarietà nella Sanità e stipendi adeguati». E di fronte alle richieste dell’assemblea, la Rdb ha incassato l’impegno di Marrazzo (tramite un suo rappresentante) a un incontro all’indomani del 10 aprile. L’assessore al Lavoro Alessandra Tibaldi, in quota Rifondazione comunista, dal canto suo ha offerto un contributo «di lotta e di governo», prima sospirando che «lavorare in nero per un ente pubblico purtroppo è consentito dalla legge», poi impegnandosi sia a contrattualizzare gli Lsu che a protestare, in prima persona, sotto palazzo Chigi a luglio prossimo, «qualunque sarà il futuro governo», per chiedere una deroga al blocco delle assunzioni negli enti locali. La Tibaldi, per dirla tutta, ha indicato come strumento per la stabilizzazione dei precari anche i «cantieri scuola», progetti di formazione e lavoro avviati dalla Regione Lazio a cavallo tra le giunte di Storace e Marrazzo. Peccato che, di fronte alla richiesta di aiuto di nove «cantieristi» che avevano vinto il bando con Storace per l’Agenzia Lazio Lavoro, e che dopo varie vicissitudini sono stati sospesi dall’incarico e costretti a casa senza stipendio, l’assessore abbia fatto spallucce.

Insomma, la lotta al precariato, anche nella sinistra dell’Unione, è a geometria variabile.

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