Politica

Premiati i docenti che insegnano meglio

da Roma

Ecco come cambia l’università con la riforma appena varata dal governo.
Concorsi. Attualmente l’accesso alla professione docente passa attraverso i concorsi locali banditi dalle università. Un sistema che, secondo la Moratti, aveva dato luogo a «eccessivo localismo, insufficiente selettività e, talora, dubbi di trasparenza». Con la nuova legge viene introdotta l’idoneità nazionale quale presupposto per la successiva chiamata da parte delle università, sulla base di trasparenti procedure di valutazione comparativa. L’idoneità scientifica nazionale si accorcia e durerà quattro anni, ora le idoneità durano 5 anni. Sono previste riserve per i passaggi di carriera: il 15 per cento di idoneità riservate ai ricercatori con almeno tre anni di insegnamento; il 25 per cento per gli associati con almeno 15 anni di insegnamento che vogliono diventare ordinari.
Ricercatori. Al momento negli atenei l’insieme del corpo docente comprende professori di prima fascia (ordinari), di seconda fascia (associati) e ricercatori. Tutti questi ruoli sono a tempo indeterminato e vi si accede per concorso. Poi ci sono i cosiddetti precari, ovvero i dottorati, i borsisti e gli assegnisti. Allo scopo di ridurre progressivamente il precariato il ddl ridisegna la figura del ricercatore, fermi restando i diritti di chi oggi già copre questo ruolo. Chi oggi è ricercatore potrà passare nella fascia degli associati una volta ottenuta l’idoneità nazionale. Con la riforma viene introdotta una nuova figura di ricercatore a tempo determinato che si occuperà prevalentemente di ricerca, con contratti di tre anni più tre da riconfermare.Comunque i concorsi per la copertura dei posti di ricercatore universitario a tempo indeterminato potranno essere banditi fino al 30 settembre 2013, con una priorità per gli attuali contrattisti e assegnisti, per i dottori di ricerca e per i borsisti.
Chiamata diretta. Una opportunità in più sarà la chiamata diretta. Gli atenei potranno contattare direttamente per i posti di professore ordinario e associato studiosi stranieri o italiani impegnati all’estero e che abbiano conseguito anche all’estero una idoneità accademica di pari livello. Una novità che ha lo scopo di favorire il rientro dei «cervelli in fuga». Inoltre sarà possibile attivare posti di professore straordinario di durata temporanea, sulla base di convenzioni con imprese o enti esterni, a totale carico degli enti stessi.
Stipendi e orari. Lo stipendio dei docenti universitari sarà per la prima volta legato alla loro produttività sia per quanto riguarda la didattica sia per il lavoro di ricerca. Insomma chi si impegnerà di più con gli studenti e allo stesso tempo chi offrirà un lavoro più ricco dal punto di vista della ricerca guadagnerà di più. Per la prima volta da quando è stata istituita l’autonomia è stato stabilito un tetto minimo di ore che i docenti dovranno passare in aula a fare lezione. I professori a tempo pieno dovranno sostenere almeno 350 ore annue di didattica, di cui 120 di didattica frontale, e per il rapporto a tempo definito in non meno di 250 ore annue di didattica, di cui 80 di didattica frontale. Ai professori a tempo pieno è attribuita una retribuzione aggiuntiva nei limiti delle disponibilità di bilancio, in relazione a ulteriori impegni nelle attività di ricerca, didattica e gestionale e ai risultati conseguiti.
Valutazione.

L’istituzione di una agenzia nazionale di valutazione esterna all’università è stato stralciato dalla riforma e verrà definito in un ddl ad hoc.

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