Roma - Gioca d’attacco il Cavaliere. Convinto sì che si stia saldando un vero e proprio fronte antiberlusconiano - che parte dalle procure, passa per Fini e la Cgil e arriva fino a Wikileaks - ma certo di poter ancora dare le carte. Sul suo personale pallottoliere, infatti, Berlusconi continua a contare tra i 317 e i 320 voti. Numeri che se fossero confermati - ultimamente a via dell’Umiltà non hanno mostrato grande dimestichezza con i fondamentali della matematica - gli consentirebbero di superare indenne la fiducia del 14 dicembre. Così non fosse, il premier è comunque convinto di poter mettere in pista il cosiddetto «piano B». L’asse con la Lega, infatti, continua a fare da argine all’eventualità di un governo tecnico - che senza l’appoggio del principale partito del Paese e del principale partito del Nord non troverebbe il sostegno del Quirinale a meno di un corposo travaso di senatori del Pdl - e a dare buone garanzie in caso di elezioni anticipate. I sondaggi, è vero, sono altalenanti. Ma con questa legge elettorale anche nelle ipotesi peggiori il centrodestra avrebbe la maggioranza alla Camera e si giocherebbe la partita al Senato (secondo le ultime rilevazioni di Piepoli anche Palazzo Madama finirebbe alla coalizione guidata da Berlusconi che porterebbe a casa tra i 159 e i 165 seggi). Per il fronte anti-Cav, decisamente un problema non di poco conto.
È anche per questo che il premier decide di sparigliare e non raccogliere la mano tesa che arriva dal presidente della Camera. L’apertura di Fini alla riforma dell’Università - «uno degli atti migliori della legislatura» la definisce l’ex leader di An assicurando che «martedì verrà approvata» - per il Cavaliere è infatti l’ultimo atto di una vera e propria «guerriglia parlamentare» che va avanti da mesi e che ha coinvolto finanche la riforma Gelmini. Insomma, è il ragionamento del premier, che oggi Fini dia rassicurazioni sul voto del Fli conta poco o niente. Sul perché, almeno nelle sue conversazioni private, Berlusconi è piuttosto chiaro: «Ormai è totalmente inaffidabile». È per questo che intervenendo telefonicamente all’assemblea dell’Adc di Pionati il premier decide di affondare il colpo: chi è stato eletto nel centrodestra e non voterà la fiducia «sarà segnato dal marchio del tradimento». A questo punto, infatti, l’obiettivo è mettere bene in chiaro l’intenzione di andare avanti a governare. E chi deciderà di votare contro l’esecutivo dovrà «assumersi la responsabilità» non solo di aver tradito il patto con gli elettori ma pure di aver dato il là a una crisi di governo in un momento di instabilità dell’economia che rischia di mettere in ginocchio mezza Europa.
Berlusconi - che pure non vede le urne di buon occhio - decide dunque di accelerare. Anche perché, è l’idea che s’è fatto il premier, per la prima volta da mesi Fini è costretto a «giocare di rimessa». E in effetti votare la sfiducia al governo e poi sostenere che le elezioni anticipate sarebbero un azzardo non è che sia un ragionamento propriamente lineare. Concetto che nelle sue conversazioni private il Cavaliere derubrica in modo piuttosto colorito. Prima fa implodere la maggioranza - è il senso delle sue parole - eppoi vuol scaricare su altri la responsabilità di un eventuale voto anticipato. Ma a pesare sull’irrequietezza di Fini c’è forse anche un altro elemento. L’asse con Casini, infatti, al momento tiene. Ma ai piani alti di Montecitorio, rigorosamente off the records, c’è chi teme che alla fine l’Udc possa varcare il Rubicone, soprattutto se il governo portasse a casa la fiducia il 14 dicembre. Non è un caso che ancora ieri Berlusconi abbia ribadito la disponibilità ad un allargamento della maggioranza. Un’apertura destinata a Casini e non certo a Fini.
Nonostante continui a sentirsi sotto assedio, dunque, il Cavaliere guarda con un certo ottimismo alle prossime settimane, convinto che ora in affanno siano soprattutto i sui avversari. E il tira e molla di Montezemolo ne sarebbe una conferma. Prima dice che non scenderà in campo, poi che lo farà e che forse lo ha già fatto. Anche il presidente della Ferrari, però, vede il voto come «un atto di gravissima irresponsabilità». Sul punto Berlusconi ha un’idea piuttosto chiara.
Sono anni - ripete a più d’un interlocutore - che parla di entrare in politica e poi si tira puntualmente indietro perché anche lui è pronto a mettersi in gioco solo in caso di ribaltone e naturalmente senza passare per il voto degli italiani.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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