Il premier: «L’Europa deve intervenire»

Scajola incontra l’ad Conti per studiare le contromosse

Sabrina Cottone

da Milano

La guerra dell’energia è ormai dietro l’angolo. «Assolutamente sì» dice perentorio Silvio Berlusconi a chi gli chiede se l’Unione europea dovrà intervenire su Parigi. E assicura: «Giulio Tremonti e Claudio Scajola stanno facendo tutto ciò che è necessario fare». Anche perché al danno in arrivo da Parigi si è aggiunta la beffa. «Tutto ciò che fa bene all’industria francese non può che avvantaggiare l’Europa» sostiene il portavoce del ministero degli Esteri francesi. Una difesa piena di grandeur e senza ripensamenti dell’arrocco dell’Eliseo, che di fatto ha nazionalizzato la francese Suez fondendola con Gas de France per difenderla dalla scalata in arrivo dall’italiana Enel.
Oggi e domani il ministro dell’Economia sarà a Bruxelles per incontrare i commissari Ue alla Concorrenza, Neelie Kroes, e al Mercato interno, Charlie McCreevy. E anche se Scajola ripete che «le ritorsioni sono solo l’extrema ratio», è evidente che in assenza di misure e sanzioni da parte dell’Unione, passare alle contromosse sarà necessario. Il ministro delle Attività produttive ha convocato per oggi l’amministratore delegato dell’Enel, Fulvio Conti, segnale che il governo intende continuare a tutelare i progetti in terra francese. Il ministro degli Esteri, Gianfranco Fini, sintetizza la linea: «I francesi hanno fatto una scelta protezionistica, chiediamo il rispetto delle regole».
Volano parole che sembrano piovere dal secolo scorso, tanto più in un’Europa che in teoria dovrebbe difendere concorrenza e libero mercato. E invece ecco la «nazionalizzazione», e poi il «protezionismo» denunciato dalla stessa stampa francese. Romano Prodi, in un’intervista a Repubblica, approfitta della situazione per riprendere una vecchia e mai dimenticata accusa di Winston Churchill, l’«Italia ventre molle». Allora l’universo di riferimento era l’Asse, oggi è l’Ue, ma lo spirito non è diverso. Il candidato premier dell’Unione scarica la responsabilità dell’offensiva francese sul governo italiano: «C’è stata un’assoluta mancanza di strategia, non si può avere una tale assenza di reciprocità».
Arrivano le reazioni irritate del governo. Fini definisce «infondate» le parole di Prodi, convinto tra l’altro che se Mario Monti fosse rimasto commissario alla Concorrenza, le cose sarebbero andate diversamente: «È paradossale che l’opposizione abbia trovato il modo del tutto improprio di polemizzare con il governo italiano, che non ha alcuna responsabilità». Tremonti è sbalordito dal «celodurismo di Prodi» e ribalta le accuse del Professore: «Quando Prodi era presidente dell’Ue e la sinistra al governo in Italia, i francesi hanno sceso baldanzosamente le Alpi. Evidentemente non rispettosi della durezza della sinistra...».
La Lega suggerisce il vecchio metodo «a brigante, brigante e mezzo». Lo teorizza il ministro del Lavoro, Roberto Maroni: «La Francia ha deciso di tutelare i propri interessi e ciò significa che l’Europa è in coma profondo. A questo punto l’Italia faccia altrettanto e affronti il problema del settore tessile, che vede 800mila posti di lavoro a rischio». Nella stessa direzione ma decisamente più colorito il leader dei lumbard, Umberto Bossi. «Prodi dice che siamo il ventre molle? Invece bisogna dirgli che ce l’abbiamo duro» scherza il Senatùr riproponendo un suo vecchio tormentone. E non esclude il ricorso ai dazi: «Bisogna difendersi dai Paesi asiatici in particolare, per troppo tempo non si è fatto nulla».
La linea morbida è proposta da Piero Fassino. «Parigi sbaglia ma non possiamo rispondere facendo lo stesso errore. Il governo francese ha un atteggiamento censurabile, ma il problema adesso non è aprire una guerra tra Francia e Italia. È chiedere all’Unione di intervenire». Nell’attesa che l’Ue intervenga, però, monta il desiderio di frenare l’espansionismo finanziario di Parigi. «Bankitalia bocci l’Opa di Bnp Paribas su Bnl» suggerisce il presidente della Lombardia, Roberto Formigoni.

L’idea è rilanciata dalle associazione dei consumatori. Parole preoccupate per il doppiopesismo francese arrivano anche dal presidente della Camera, Pier Ferdinando Casini: «Non si può essere europeisti quando si viene in Italia e nazionalisti nel proprio Paese».

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