Politica

Il premier: le rendite finanziarie non si toccano

Sugli alloggi, il governo sta studiando con le banche un piano di mutui a bassissimo interesse

Antonio Signorini

da Roma

Il governo non ha cambiato idea sull’armonizzazione delle rendite finanziarie. Il presidente del Consiglio aveva detto di non voler ritoccare al rialzo le aliquote sui guadagni da capitale, sulle plusvalenze e tantomeno sui titoli di Stato. Nei giorni scorsi però si era tornati a parlarne di questa ipotesi, facendola rientrare tra le principali misure a copertura dei tagli all’Irap che il governo si appresta a varare. Ma ieri - interpellato dai giornalisti a margine dell’assemblea dell’Ance - Silvio Berlusconi ha sgombrato il campo dagli equivoci, escludendo che la strada per coprire il prossimo taglio delle tasse passi dalle rendite. Sabato scorso all’assemblea dei giovani industriali il ministro dell’Economia Domenico Siniscalco aveva escluso un’altra ipotesi di copertura e cioè quella di alzare l’Iva di un punto, portandola dal 20 al 21 per cento. Una misura che avrebbe portato in dote alla riforma dell’Irap circa 5 miliardi di euro. Rimangono quindi in campo le altre misure allo studio del ministero dell'Economia, principalmente la lotta all’evasione, con un occhio di riguardo per gli studi di settore, e poi l’aumento di tre centesimi di euro dell’accisa sulla benzina e sul gasolio. A sponsorizzare la armonizzazione delle aliquote nel governo sono ancora Alleanza nazionale e l’Udc, tanto che ieri il ministro dell’Agricoltura Gianni Alemanno ha detto che il dibattito sulla copertura è «ancora aperto». Il possibile compromesso che era stato ipotizzato la settimana scorsa consisteva nell’escludere dall’armonizzazione gli interessi sui titoli di stato che rappresentano ancora una forma di investimento diffusa tra la classe media italiana.
Venerdì al Consiglio dei ministri il governo dovrebbe proprio affrontare il nodo della copertura e poi, con una riunione straordinaria a Palazzo Chigi a metà della prossima settimana (probabilmente il 15 giugno) l’esecutivo varerà l’atteso decreto con tagli da 4-5 miliardi all'imposta regionale sulle attività produttive, con tutta probabilità concentrati sul costo del lavoro. I tempi dovranno necessariamente essere stretti perché le incertezze sul futuro dell’imposta potrebbero compromettere il versamento del 20 giugno che, secondo i dottori commercialisti, potrebbe essere disertato da molti contribuenti. L’ultimo appello è quello del 20 luglio quando si potrà pagare con una piccola sovrattassa, a meno che il governo non decida - proprio in virtù dell’incertezza causata dalla riforma e, soprattutto, dall’imminente giudizio della Corte europea sull’Irap - di bloccare il meccanismo del ravvedimento operoso per chi non ha versato la rata dell’imposta regionale.
A margine dell’assemblea dell’Ance, il premier ha anche brevemente risposto a chi gli ha chiesto se è preoccupato per l’avvio della procedura Ue per deficit eccesssivo: «Vi sembro preoccupato?», ha detto ai giornalisti. E poi ha annunciato un nuovo progetto del governo che riguarda le case popolari. Parlando ai costruttori il premier ha annunciato che gli imprenditori saranno presto convocati dal governo attorno a un tavolo per discutere un piano di cessione delle case popolari. Il governo, ha spiegato, sta lavorando insieme alle banche per consentire l’erogazione di mutui «a bassissimo interesse» e ad un piano di costruzione di alloggi a basso costo. Per quanto riguarda la vendita, ha aggiunto: «Le case popolari sono lasciate oggi in un degrado inaccettabile. È una situazione negativa e chi le comprerà dovrà anche farsi carico di una ristrutturazione che riguarderà i caseggiati». Poi all’Ance ha assicurato: «Non c’è nessuna delle vostre proposte che sia caduta inascoltata». Una risposta al presidente dei costruttori Claudio De Albertis che ieri ha accusato il governo di aver trascurato le grandi opere, venendo meno alle promesse fatte a inizio mandato. «Concluderemo la legislatura con l’impegno di 72 miliardi di cantieri aperti», gli ha replicato Berlusconi.

«Anche quest’anno, l’ultimo della legislatura, lo impiegheremo fattivamente», anche se - ha precisato il presidente del Consiglio - «i conti pubblici sono quello che sono e non possiamo forzare la realtà».

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