Politica

Il premier s’inchina ai sindacati Finanziaria sotto i 30 miliardi

Il pranzo coi leader di Cgil, Cisl e Uil inchioda il premier: «Se date la caccia ai pensionati non vi faremo sconti»

Antonio Signorini

da Roma

Disponibilità ad abbassare ulteriormente l’entità della manovra, quindi sotto i 30 miliardi, e l’adozione di una linea più che morbida sulle pensioni. Nel primo incontro con il governo sulla Finanziaria 2007, i sindacati hanno messo a segno un risultato che il partito della spesa che alberga nella maggioranza, il fronte «sviluppista» che va dall’Udeur a Rifondazione comunista, non è riuscito ad ottenere neanche dopo un’intera estate di battaglie.
Ufficialmente di pensioni non si è parlato. Ma la liturgia della Finanziaria vuole che le trattative sulla previdenza rimangano il più possibile riservate (si incoraggia la fuga dal lavoro, è stato il leit motiv dei commenti sindacali alle indiscrezioni delle ultime settimane). Poi c’è la comprensibile allergia del premier Romano Prodi al «chiacchiericcio» sul tema più caldo della Finanziaria 2007.
In realtà il primo incontro tra governo e Cgil, Cisl e Uil sulla manovra ha fatto segnare più di un punto a favore dei sindacati. E non certo per l’annunciata apertura dei tavoli tecnici su politica dei redditi e sviluppo, decisa durante la colazione da palazzo Chigi che ha visto schierati ai due lati di un tavolo imbandito i tre segretari generali Guglielmo Epifani, Raffaele Bonanni e Luigi Angeletti da una parte e dall’altra, per il governo, il premier Romano Prodi, il ministro dell’Economia Padoa-Schioppa, il responsabile dello Sviluppo economico Pier Luigi Bersani e il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Enrico Letta.
Manovra sotto i trenta miliardi. Le organizzazioni dei lavoratori hanno ribadito le perplessità sull’entità della manovra. Trenta miliardi di euro sono troppi, hanno sostenuto i tre leader sindacali incontrando una disponibilità da parte del governo che è stata interpretata come un’apertura ad un’ulteriore riduzione dell’entita dei tagli e dei risparmi chiesti dal ministro dell’Economia. Che, non a caso, è stato il più rigido durante il pranzo. Molto più disponibili, il ministro Bersani e il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Enrico Letta. «Il Paese non ha bisogno di docce scozzesi», ha commentato il leader della Cisl Raffaele Bonanni.
L’ultimatum a Palazzo Chigi. Il tema dell’entità della manovra è strettamente legato a quello delle pensioni. E su questo fronte i sindacati hanno incassato la loro vittoria ancora prima dell’incontro, in una sorta di pre-vertice. Contatti tra i sindacati (Cisl e Uil in particolare, comunque d’accordo con la Cgil) e Palazzo Chigi per far capire al governo che il tema della previdenza non sarebbe potuto entrare nel menù del pranzo. Pena una rottura con i sindacati che Prodi sa bene di non potersi permettere. Molto più costosa, in termini di consensi, di un’eventuale opposizione da parte di un pezzo della maggioranza. «Non siamo disponibili a nessuna caccia alle streghe ai danni dei pensionati, su questo tema non siamo disponibili a fare sconti», è stato il messaggio rivolto a Letta. Risultato, di pensioni al vertice non si è parlato e certamente non per una conferma della linea rigorista.
Il segnale che la battaglia era stata vinta è arrivato in serata dalla festa della Margherita di Caorle, dove il premier ha detto di volere cambiare le pensioni in direzione della volontarietà (il pensionando decide se ritardare il ritiro) e di non voler più sentir parlare di innalzamento dell’età delle anzianità. Esattamente la posizione espressa da Cgil, Cisl e Uil in questi giorni. Prodi ha anche detto di non essere sicuro se la prossima Finanziaria si occuperà del tema.
Obiettivo: non cambiare. Anche in questo caso si tratta di un’apertura ai sindacati, che puntano a fare degli annunciati cambiamenti alla previdenza la stessa fine che di solito riescono a far fare a tutti i temi sgraditi che rischiano di finire dentro le leggi finanziarie. Prima saranno oggetto di un tavolo di trattativa. Poi saranno inseriti in una legge delega.

Dal destino più che incerto.

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