Il premier: vogliono un altro scandalo Noemi Fede: "Io non indagato. Ruby? Vista due volte"

Gli attacchi di Fini e gli affondi del Pd, l’inchiesta su Mediaset e il nuovo sexygate: per il presidente del Consiglio, dietro all’escalation politico-giudiziaria c’è una regia per rovesciarlo. La difesa del direttore del Tg4, coinvolto nella vicenda: "Ad Arcore feste mai trasgressive"

Il premier: vogliono un altro scandalo Noemi 
Fede: "Io non indagato. Ruby? Vista due volte"

RomaUn salto indietro di un anno e mezzo. Con i pezzi del puzzle che lentamente iniziano ad andare al loro posto come ormai da qualche tempo temeva il Cavaliere. Piccoli segnali, uno dopo l’altro. Prima la delegittimazione dell’inchiesta de Il Giornale su Montecarlo (con il fascicolo aperto sul presunto dossieraggio alla Marcegaglia che, ottenuto il risulto, è destinato a finire in soffitta) e poi gli affondi di Fini (sempre più duri nonostante, almeno formalmente, si fosse in un momento di tregua). A seguire Repubblica, che con Scalfari scende in campo per un governo d’interesse nazionale incassando il via libera del Pd e del Fli. Sullo sfondo la trattativa sul lodo Alfano costituzionale che, lo sanno bene tutti i protagonisti della mediazione, è chiaramente destinato a finire nel dimenticatoio anche se un approvazione in prima lettura al Senato potrebbe «pesare» sul giudizio della Consulta che il 14 dicembre si pronuncerà sul legittimo impedimento. Infine - e questa è la previsione che ad Arcore avevano fatto da qualche tempo - la stretta delle procure: la nuova inchiesta di Roma su Mediaset (che coinvolge non solo Berlusconi ma anche il figlio Pier Silvio), l’archiviazione della vicenda di Montecarlo e infine l’affondo dei pm di Milano sul nuovo sexy scandalo che coinvolgerebbe una minorenne marocchina.
Per questo il Cavaliere è convinto che qualcuno voglia riportare le lancette indietro di un anno e mezzo e riaprire un nuovo caso Noemi. E anche allora la politica seguì la vicenda con una certa attenzione, tanto che Casini arrivò persino a dire sì a Di Pietro che invocava un governo di salvezza nazionale (sfortuna volle - per il leader Udc - che la sua uscita fosse alla vigilia dell’aggressione di piazza Duomo).
Oggi però - questi sono i ragionamenti che rimbalzano tra Palazzo Grazioli e Villa San Martino - «l’accerchiamento» è decisamente più accurato. Tanto che si è arrivati all’escalation in poco più di due settimane. Escalation politica e giudiziaria, legate a doppia mandata se carichi da novanta dell’opposizione - vedi Casini ma soprattutto D’Alema - non perdono occasione per rilanciare il governo tecnico. Che, guarda caso, ieri era al primo punto del Mattinale, la rassegna stampa ragionata che arriva tutte le mattine sulla scrivania del Cavaliere. Con toni decisamente pesanti: D’Alema «le spara grosse».
Per questo, dopo una lunga riunione ad Arcore, Ghedini e Longo decidono di uscire allo scoperto. «Le notizie apparse su Il Fatto e su alcuni quotidiani circa asserite dichiarazioni rese da tale “Ruby” in merito ad episodi che sarebbero accaduti presso l’abitazione di Berlusconi - recita una nota dei legali del premier - sono assolutamente infondate». Una sorta di stop preventivo, perché la convinzione emersa ieri a Villa San Martino è che a brevissimo inizierà la consueta fuga di notizie con la pubblicazione di verbali e quant’altro.
Insomma, è il senso dei ragionamenti di un Berlusconi non certo di buon umore, «un vero e proprio accerchiamento». Con un ultimo, non indifferente dettaglio.

Dopo che la scorsa settimana erano arrivati segnali distensivi dalla Consulta (non solo al Cavaliere, ma pure a Schifani e Fini) sul fatto che un via libera al lodo Alfano in prima lettura avrebbe potuto in qualche modo «disinnescare» i giudici costituzionali, ieri un lancio dell’agenzia Ansa riportava gli umori di «fonti qualificate» della Corte: legittimo impedimento e lodo riguardano due materie diverse e il rinvio delle decisioni di costituzionalità avviene solo quando il Parlamento sta discutendo provvedimenti omogenei. Traduzione: il fatto che il lodo Alfano possa essere approvato al Senato prima del 14 dicembre non inciderà in alcun modo sulla decisione della Corte circa la legittimità del legittimo impedimento.

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