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Prende il via il processo Parmalat Più di 33mila (per ora) le parti civili

Enrico Lagattolla

da Milano

Due anni e mezzo dopo, i numeri spaventosi del crac Parmalat finiscono all’elegante sbarra dell’auditorium Paganini, nel capoluogo emiliano. Comincia l’udienza preliminare per 64 tra amministratori, revisori e sindaci del colosso di Collecchio, accusati a vario titolo di associazione per delinquere, bancarotta fraudolenta, falso in bilancio e false comunicazioni sociali. Il patron Calisto Tanzi è assente, così l’ex direttore finanziario Fausto Tonna e gli altri imputati di primo piano. Anche di risparmatori se ne vedono pochi. Eppure ci sono. Solo ieri si sono costituiti parte civile in 33mila. Oggi toccherà agli altri. In totale, in 135mila hanno visto bruciati i propri investimenti nel giro di una settimana, a fine 2003: dieci miliardi, sette in bond e 3 in azioni. Ora, rappresentati dalle associazioni dei consumatori, chiedono «milioni di euro di risarcimento». Il maxi-processo ha inizio.
«Ci batteremo perché i cittadini che hanno perso tutti i loro risparmi vedano riconosciuti i propri diritti e riescano ad ottenere equi indennizzi monetari», assicura Carlo Rienzi, presidente del Codacons. Anche Adusbef e il Movimento per i diritti del cittadini si sono costituiti parte civile. Gli avvocati Claudio De Filippi e Francesco Longo, in rappresentanza di Mdc, chiedono 500mila euro di risarcimento, ricordando come «l’associazione abbia già ottenuto riborsi dal 50 al 100 per cento attraverso la conciliazione». Mentre Antonio Tanza, vicepresidente di Adusbef, annuncia che i consumatori si opporranno alla costituzione di parte civile delle banche, che «hanno avuto una grande responsabilità nella creazione e nella diffusione dei bond. Il tesoro di Tanzi è sempre rimasto nascosto, mentre è certo che le banche hanno incassato centinaia di miliardi».
Ma è presto, al dibattimento vero e proprio manca ancora del tempo. «Non siamo entrati nel vivo del processo e neanche dell’udienza preliminare», commenta il procuratore capo di Parma Gerardo Laguardia. E tuttavia, «è un buon risultato essere arrivati a questo punto», anche se «servirà qualche nuovo sostituto procuratore» per affiancare il pm Vincenzo Picciotti. Infine, un’amara considerazione. «Il sistema dei controlli non funziona, e il concetto di legalità è stato messo sotto i piedi».
Ieri, assenti gli imputati «eccellenti» (Tanzi era in clinica per alcuni accertamenti), a parlare sono stati i legali di Tonna e dell’ex dg di Parmalat Domenico Barili. La linea, in sostanza, è la stessa: le responsabilità del crac vanno attribuite alla «cabina di regia» di Collecchio, e al «dominus» Calisto Tanzi. «La collocazione di Tonna al vertice delle responsabilità è del tutto sbagliata», è la tesi di Oreste Dominioni, difensore dell’ex direttore finanziario. Perché «a parte Calisto Tanzi, che ovviamente stava al vertice di tutto, Tonna non era tra coloro che cagionarono, forse nei decenni, le perdite del gruppo Parmalat». «Esistevano due Parmalat - aggiunge Fabbri, legale di Barili - una era quella dell’economia reale, l’altra della finanza creativa».

Oggi, il secondo atto dell’udienza preliminare. Al «Paganini», però, non ci saranno i risparmiatori affondati dal gigante di Collecchio. «La gente fa bene ad andare al mare - dice uno di loro -, quei soldi non li vedrà più».

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