Presentato Il corpo del duce Quell’orribile macelleria che non chiuse col fascismo

Un film mostra immagini rare e inedite del cadavere di Mussolini. Piazzale Loreto fu un tale scempio da rimanere ancora oggi fonte di conflitto

Presentato Il corpo del duce Quell’orribile macelleria  che non chiuse col fascismo

Dopo le immagini strazianti del corpo oltraggiato di Muammar Gheddafi arriva al Festival di Torino un documentario choc che propone fotografie mai prima divulgate dello strazio di Benito Mussolini. Si tratta de Il Corpo del Duce di Fabrizio Laurenti, liberamente tratto dal libro omonimo dello storico Sergio Luzzatto (Einaudi). Un documentario, distribuito da Cinecittà Luce, che lo ha anche prodotto insieme con RTI, dove si racconta la parabola del corpo di Mussolini, attraverso immagini inedite e terribili reperite all’Archivio Storico Luce, nei National Archives di Washington e nell’Archivio Centrale di Stato.
Un corpo prima esaltato anche a livello propagandistico - famosi suoi ritratti a petto nudo durante la trebbiatura - e poi invece ferito, straziato e oltraggiato oltre la misura dell’immaginabile in quella che Ferruccio Parri, Presidente del Comitato di Liberazione Nazionale, definì la «macelleria messicana» di Piazzale Loreto. Nel documentario si parla di questo corpo esibito che avrebbe fatto emergere (addirittura!) una sorta di latente omosessualità degli italiani. Insomma, Mussolini, fu un leader popolare che basò il suo carisma anche su una sua forte fisicità, a differenza del capo spirituale che fu invece Hitler. Dopo l’analisi del culto del corpo del dittatore, Laurenti ci introduce alla macabra storia del cadavere. Subito dopo Piazzale Loreto, per volere del Cnl, il corpo del Duce fu tumulato in gran segreto in una fossa anonima nel cimitero maggiore di Milano ma un anno dopo, nella notte del 23 aprile del 1946, venne trafugato da un gruppo neofascista che ne reclamava una sepoltura più degna. Il cadavere, recuperato poi dalla polizia, scomparve di nuovo e le ultime immagini esistenti del corpo di Mussolini sono quelle eseguite nella questura di Milano il 14 agosto del 1946. La spoglia - ormai ridotta a una mummia - è rinchiusa in una cassa di sapone, ripiegata su se stessa. Questa stessa cassa fu occultata per 12 anni in un luogo conosciuto solo da pochissime persone poste ai vertici dello Stato. Alcune foto del cadavere di Mussolini circolarono, però, in Italia come santini negativi o positivi, perché fascisti e antifascisti rimasero affascinati dal ricordo di un personaggio tanto amato e tanto odiato durante la sua esistenza.
Ha scritto Sergio Luzzatto: «L’Italia ha uno specifico corporale che ha a che fare con la religione dominante. Il problema del carisma, del crisma, del Cristo, dell’Unto dal Signore». Mi permetto di dissentire da questa conclusione. In realtà, le vicende del corpo del dittatore rimandano a lunga tradizione iconografica, diffusa in tutto il mondo occidentale, che fu illustrata nel grande libro di Ernst Kantorowicz, I due corpi del Re, pubblicato per la prima volta nel 1957. Un saggio dove lo studioso tedesco cercava di penetrare gli arcani della teologia politica medioevale, parlando appunto dei due corpi della regalità. Il primo, eguale a quello di tutti i mortali, sottoposto alle ingiurie della malattia, della vecchiaia e della morte. L’altro, di natura mistica come quello del Redentore, incorruttibile e destinato a reincarnarsi in quello del suo successore. La fine terrena di un monarca non corrispondeva, infatti, alla fine della monarchia come dimostrava la famosa frase, che accompagnava il decesso di ogni Sovrano: «Il Re è morto. Viva il Re».
La ferocia con cui i milanesi infierirono sulle spoglie di Mussolini corrispose, invece, al desiderio di spezzare questa continuità. Difficile dire se quella dissacrazione ebbe veramente l’effetto sperato.

Per riprendere proprio le parole di un’intervista di Laurenti, mi pare che gli italiani abbiano chiuso con il fascismo senza averlo metabolizzato. E che quella rimozione sia ancora oggi la fonte di una conflittualità estrema che, forse, solo la prossima generazione riuscirà a superare.

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