Prete assassino, spunta la pista passionale

ModenaIl giudice per le indagini preliminari del tribunale di Modena, Paola Losavio, deciderà oggi la convalida del fermo di don Giorgio Panini, il parroco 57enne di Brodano di Vignola che ha ucciso a coltellate la notte dell'antivigilia di Natale l'amico Sergio Manfredini, 67 anni, che da 30 lo ospitava in casa. Davanti al giudice, ieri mattina nel Policlinico di Modena, dove si trova piantonato, il religioso ha ribadito di avere ricordi vaghi delle ore dell'omicidio. «Ha impressi nella mente - racconta l'avvocato Domenico Giovanardi - il coltello e il candeliere con cui poi è stato colpito dal figlio della vittima accorso in sala. Non sa perché si sarebbe accanito sull'amico fraterno. È una tragedia della follia senza movente, aspettiamo un aiuto dalle perizie di specialisti».
Guidati dal pm Angela Sighicelli, gli inquirenti cercano il movente. I ricordi più nitidi del sacerdote si fermano a qualche ora prima, alla serata di festa trascorsa con i parrocchiani e al momento in cui è andato a dormire. «Faticai a prendere sonno, non stavo bene e non so il motivo». Sforzandosi di ricordare, nella mente, durante l'interrogatorio, don Giorgio ha avuto un flash. «Mi sono trovato il coltello in mano, non so perché. L'ho colpito: mi dite tutti che sono stato io, è andata proprio così».
L'autopsia eseguita ieri all'istituto di medicina legale ha confermato le venti coltellate sul corpo di Manfredini, compresa quella fatale, alla giugulare.
Migliorano le condizioni del figlio e della moglie della vittima, Davide, 42 anni, e Paola Bergamini, 67enne, ricoverati al Policlinico di Modena per le ferite riportate mentre cercavano di difendere Sergio dai colpi di don Giorgio. A Vignola la convivenza tra la famiglia e il parroco era molto chiacchierata, in particolare la sua amicizia con Paola, ex insegnante di religione. La pista passionale però non sembra quella privilegiata dagli inquirenti. «Non è mai stata ventilata dal pm e neppure dai carabinieri - spiega l'avvocato Giovanardi -. Sergio Manfredini accudiva don Giorgio come un fratello minore, lo seguì anche a Solignano, in una parrocchia lontana 15 chilometri: assieme alla moglie si occupava, ad esempio, delle pulizie. Solo per altruismo».
Si erano conosciuti quando don Giorgio venne a Vignola per fare il cappellano. Il figlio Davide all'epoca aveva 12 anni, nel tempo è diventato amico anche del fratello del sacerdote, 53enne laureato in giurisprudenza. Manfredini junior abita al piano superiore della casa in cui è avvenuto l'omicidio, assieme alla moglie: hanno due figli, di 18 e 15 anni.
Neanche lui sa spiegarsi cosa sia scattato nella mente del parroco. «È scoppiato in lacrime, durante il secondo interrogatorio e quando mi ha visto. Negli ultimi mesi era molto strano, si era chiuso a riccio in se stesso».
Smentita dal medico di famiglia la voce secondo cui fosse in cura con antidepressivi. Il legale di don Panini parla di una forma di delirio. «In ospedale sarà sottoposto a una visita psichiatrica, per capire le sue condizioni al momento del raptus».
Don Giorgio è un prete manager, aveva acquistato assieme ai Manfredini tre casolari, ristrutturandoli per usarli come colonie per le vacanze dei bambini: a Vieste, sul Gargano, nel Bergamasco e a Fanano, in Appennino Modenese. I conti correnti della famiglia Manfredini e del sacerdote erano cointestati. Anche i vicini di casa, gli Amidei, che hanno 7 figli, offrivano pareri, consulenze gratuite a don Panini e famiglia sugli affari immobiliari da perfezionare.


«Quei cascinali - sottolinea l'avvocato Giovanardi - erano ristrutturati in economia. Non giravano certo grandi cifre».
Da ex bancario Sergio Manfredini faceva da contabile al parroco. Ed entrambi di estrazione contadina, si erano arricchiti negli anni.

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