(...) Degli insulti al clero, a Silvio Berlusconi e a chi segue le sorti politiche del leader del Popolo della Libertà (elettori compresi) non sarebbe più il caso di occuparsi se non fosse che durante la presentazione dellultimo numero di MicroMega, rivista di filosofia e politica di chiaro orientamento antiberlusconiano, don Farinella non avesse fatto un salto ancora più estremo: «Metto a disposizione la mia chiesa per discutere di politica, bisogna riunirsi e fare politica scendendo nelle piazze. Non possiamo più stare in casa» è il riassunto delle parole che Farinella ha pronunciato in un incontro alla sala Eventi della Feltrinelli di Genova. Passando poi a dichiarazioni al limite delleversivo: «È arrivato il momento della insurrezione rivoluzionaria - attacca il sacerdote che paragona Berlusconismo e fascismo -, soluzione che mi dà Paolo VI nellenciclica Populorum progressio del 1967». Nellenciclica, il pontefice diceva che si può comprendere una insurrezione rivoluzionaria in caso di evidente e prolungata tirannia che attenti ai diritti fondamentali delle persone e nuoccia in modo pericoloso al bene comune del Paese. Per don Paolo Farinella basta e avanza per parlare di giusto tirannicidio, ovvero eliminazione fisica di Silvio Berlusconi considerato un dittatore: «La morale cattolica lo prevede quando è messo in discussione il bene comune, io parlo di regicidio» prosegue lagguerrito prelato che al tentativo di Pierfranco Pellizzetti di ridimensionare le sue parole in un contesto più metaforico («stiamo intendendo un regidicio politico») alza la voce urlando: «Io dico regicidio».
Puntualizzazione che fa scatenare nella sala anche la reazione di alcuni suoi simpatizzanti che lo attaccano: «Abbiamo combattuto per la democrazia e tu vieni a parlarci di uccidere gente?» contesta un anziano in sala, mentre un altro lo ammonisce: «Farinella noi non siamo islamici». Ma il parroco, quasi fosse indemoniato, prosegue nel suo anatema lanciando per lennesima volta la crociata antiberlusconiana: «Io voglio la rivoluzione, io voglio la rivoluzione perché è un diritto.
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