Preti omosessuali: così la Chiesa difende il sacerdozio

Gianni Baget Bozzo

Il documento della Congregazione del clero sulla questione omosessuale tocca un problema che ha già agitato la Chiesa anglicana e l’ha condotta, proprio sulla questione della consacrazione a pastori e vescovi di candidati che professavano la pratica dell’omosessualità come lecita ai cristiani, ai limiti dello scisma. Mentre le chiese anglicane del Nord, specie quella americana, giungevano in un caso persino all’ordinazione episcopale di un omosessuale praticante, le Chiese del sud minacciavano lo scisma dalla comunione anglicana.
Il problema si è fatto più grave perché l’omosessualità è diventata una forma di cultura e di struttura, un modo di pensare e di agire, uno stile di vita. Dalla repressione dell’omosessualità e dalla persecuzione degli omosessuali si è giunti alla loro condizione di una minoranza divenuta in qualche modo il riferimento delle libertà civili. Ciò pone alle Chiese cristiane un grave problema perché la Scrittura e la Tradizione impediscono loro di riconoscere la pratica omosessuale come legittima per un cristiano. Il problema è diventato importante anche per i cattolici: e il caso della pedofilia, scoppiato in varie chiese e soprattutto nella Chiesa americana, ha mostrato che i costumi del mondo entravano nella Chiesa e l’omosessualità cercava di darsi strutture proprie e costumi propri, come una subcultura circolante anche all’interno del mondo cattolico.
Perché questo costume ha potuto diffondersi? Forse perché l'attenzione alla importanza della castità della vita cristiana è diminuita; se l’etica cristiana è rimasta intatta nei suoi principi, molto spesso è venuta meno nell’attenzione e nella predicazione. Nello stesso celibato ecclesiastico si è vista sempre meno una dimensione essenziale della figura del sacerdote cattolico tradizionale nella Chiesa latina, che ha mantenuto l’antica disciplina del rapporto tra il sacrificio del Cristo e il celibato del sacerdote. La sacralità eucaristica ha avvolto anche il celebrante. La decisione della Congregazione può essere considerata come una misura di emergenza di fronte al dilagare del modello della cultura omosessuale e al clima di totale liberalizzazione del sesso che percorre anche il mondo cristiano. Si può dire purtroppo che il sesso è uscito molto spesso anche dai confessionali. In queste circostanze, la Congregazione ritiene che un incolpevole e non scelta inclinazione omosessuale possa essere l’obiettivo impedimento alla ordinazione sacerdotale di un cristiano. Questo è sicuramente un fatto nuovo, ma non significa affatto che un omosessuale non possa, nel cambiamento della vita che comporta il dono della grazia santificante, vivere la vita conforme alla legge cristiana. Forse proprio questo fatto nuovo dell’esclusione degli omosessuali dal sacerdozio deve determinare una maggior riflessione nella Chiesa perché non accada che l’omosessualità diventi quasi un fatto etnico, mentre nella Chiesa non vi è «né uomo né donna». L’ex generale dei domenicani, Timothy Radcliffe, ha scritto: «Io non ho dubbi che Dio chiama omosessuali al sacerdozio e che essi sono tra i sacerdoti più impegnati e più dedicati». La Chiesa ha il diritto di difendere la santità e la sacralità del sacerdozio con misure dolorose ma al tempo stesso deve moltiplicare il suo volto di comprensione verso una condizione umana che esiste e che è stata perseguitata per secoli.

Certo il cardinale Ratzinger pensava anche ai danni che una pratica particolarmente negativa dell’omosessualità aveva fatta alla Chiesa, quando aveva parlato di sporcizia nella Chiesa durante i riti della settimana santa. A questo prezzo egli come Papa non si è sottratto alle critiche di cui certamente la dichiarazione della Congregazione sarà occasione.
bagetbozzo@ragionpolitica.it

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