Medicina

La prevenzione è ora una priorità

Saremo un popolo di anziani cardiopatici, diabetici, obesi. Il rischio è elevato, anzi quasi una certezza. La vera sfida è il cambiamento dei nostri stili di vita: puntiamo sulla prevenzione. All'inizio del Ventesimo secolo, le malattie cardiovascolari erano responsabili in tutto il mondo del 10% dei decessi, oggi del 30%. In Europa per eccesso di colesterolo, alta pressione, tabagismo e obesità abbiamo ogni anno 1,9 milioni di morti. Tra 12 anni il 20% della popolazione europea sarà ultrasessantenne, contro il 15% del 2005, mentre gli ultra-ottantenni saranno oltre il 5%.
Oggi diminuisce la mortalità per infarto, si salvano i pazienti in fase acuta grazie alla trombolisi, all'angioplastica, ma crescono i pazienti anziani con scompenso cardiaco.
L'obesità e il diabete sono ormai una vera epidemia: i diabetici saranno 30 milioni nel 2020. Obesità e sovrappeso interessano, secondo l'OMS, fino all'80 % degli adulti nei Paesi dell'area europea e, fatto ancor più grave, il 20% dei bambini e adolescenti è in sovrappeso e un terzo è obeso. Entro pochi anni lo saranno 150 milioni di europei adulti e 15 milioni di bambini. In aggiunta a queste patologie la situazione peggiorerà per la tendenza al rialzo dei livelli di colesterolo. I programmi e le politiche dei governi hanno compiuto sforzi significativi per contrastare il tabagismo, ma si è fatto poco per combattere l'eccesso di colesterolo, l'obesità, il diabete e i loro effetti congiunti (sindrome metabolica). Questi fattori di rischio cardiovascolare quando sono presenti assieme moltiplicano la loro azione negativa e fanno crescere drammaticamente le probabilità di incorrere in un evento cardiovascolare drammatico come l’infarto o l’ictus cerebrale.
Il costo annuo per il trattamento delle cardiopatie in Europa è già ora di 192 miliardi di euro: 110 miliardi per le cure dirette e 72 miliardi per perdita di produttività e assistenza, secondo uno studio di Vincenzo Atella, della facoltà di economia dell'università di Roma Tor Vergata. Con l'aumento della popolazione diabetica in Europa a 30 milioni di unità entro il 2020, si stima che i costi globali dell'assistenza sanitaria aumenteranno di 63 miliardi di euro. I sistemi sanitari europei saranno sottoposti nel prossimo futuro a crescite esponenziali dei costi per degenze ospedaliere e per i trattamenti. Le finanze di ogni Paese rischiano di essere travolte dall'esplosione della spesa sanitaria. Il punto di rottura in termini di sostenibilità finanziaria sarà raggiunto attorno al 2030.
I sistemi assistenziali europei dovranno essere oggetto di grandi riforme. La medicina preventiva deve essere considerata una priorità, occorre una maggiore responsabilità personale, la modifica dello stile di vita va perseguita con molta determinazione. Per ridurre i tassi di ospedalizzazione e di mortalità e di conseguenza i costi, occorre anche un miglior trattamento farmacologico, che può portare a grandi risparmi: si stima che potrebbe consentire già ora una riduzione dei costi pari a 1,5 miliardi di euro l'anno, oltre 60 miliardi di euro nei prossimi venti anni. Nei giorni scorsi ad Arezzo si è svolto il terzo Forum internazionale sul risk management che ha focalizzato il tema della «Prevenzione cardiovascolare: costo o investimento». Si impone una riflessione.
Alcuni esponenti politici sembrano essere consci dell'importanza di questa sfida, ma non tutti. «Non esiste la consapevolezza che in medicina prevenire rappresenta anche un valore economico», ha affermato il professor Nicola Rossi, membro della commissione bilancio del Senato, già consigliere economico del presidente del consiglio Massimo d'Alema. «Non basta informare, si deve creare - ha aggiunto - il consenso necessario a modificare la situazione, anche perché l'esplosione della spesa sanitaria sarà accompagnata da un'analoga esplosione della spesa previdenziale, entrambe condizionate dall'invecchiamento della popolazione italiana. Non dobbiamo scaricare il peso di queste esplosioni sulle spalle delle generazioni future. Siano i benvenuti quindi nuovi farmaci cardiovascolari, anche se più costosi di quelli che li hanno preceduti».
Secondo il senatore Mario Baldassarri (Pdl) , presidente della Commissione finanza e tesoro del Senato: «Le prospettive della spesa sanitaria dovrebbero indurre a prevenire, che costa molto meno che reprimere. Tra dieci o venti anni la spesa sanitaria passerà dall'attuale 8 al 14-15 per cento del Pil, a parità di servizio: un valore del tutto insostenibile. Non si può pensare di fronteggiare l'invecchiamento della popolazione e il passaggio dall'emergenza alla cronicità con un modello basato sul ricovero ospedaliero e sui farmaci per la cura, saltando a piè pari la prevenzione. In molti campi - come quello cardiovascolare - si pensa di risparmiare non spendendo, per poi accorgersi dopo qualche anno che si è speso molto di più perché le patologie non prevenute sono diventate epidemie».

Forse i tempi sono maturi per la prevenzione.

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